18/05/2011
La storia ha fatto il giro del mondo, varcando i confini americani e portandosi dietro un'eco di commenti indignati. Arriva da Durham, North Carolina, ha come protagonista Alaina Giordano, una giornalista italo americana di 37 anni, madre di due bambini, Sofia e Bud di 11 e 6 anni, che lì vive e lì combatte contro un tumore al seno, ora con metastasi ossea, in cura presso il Duke Cancer Institute. Una donna che ha ingaggiato una dura lotta contro la malattia, un'altra contro l'ex marito, Kate Snyder, che lo scorso anno si è trasferito per lavoro a Chicago chiedendo la custodia dei figli. Da qui lo scandalo che ha infuocato gli States. Il 25 aprile scorso il giudice donna del North Carolina, Nancy Gordon, ha dato ragione all'uomo citando il parere della psicologa forense Helen Brantley: «Il decorso della malattia è ignoto e quindi più contatto i figli hanno col genitore non malato, meglio sarà per loro». Arricchiscono il quadro le parole della psicologa in aula: «I bambini dividono la loro esistenza tra mondo col cancro e mondo senza cancro, vogliono un'infanzia normale e questa non è possibile con un genitore malato».
La donna, che ha perso in lavoro di giornalista a causa del suo stato di salute, riferiscono i media, non può abbandonare il centro presso il quale è in cura per trasferirsi lei stessa altrove. Entro il 17 giugno dovrà lasciare andar via i bambini. La vicenda, così, approda sul web. La sorella di Alaina, Lauren Giordano-Kupillas, lancia una petizione al governatore dello stato del North Carolina, attraverso il sito Change.com: «Non si permetta che un giudice del North Carolina possa strappare i figli ad Alaina Giordano solo perché lei ha un cancro», si proclama in apertura. Nel testo, sottoscritto a oggi, in poco meno di un mese, da 99.327 persone, si cita anche il desiderio dei bambini, che vorrebbero essi stessi vivere con la mamma.
On line compaiono, tra le altre cose, l'intervista rilasciata dalla donna ad Abc news, le pagine del Time, la trascrizione di un'intervista concessa a Jane Velez- Mitchell della Cnn. Dalle parole dei giornalisti e della gente emerge l'indignazione, l'appoggio incondizionato alla donna, al suo diritto di essere madre nonostante la patologia: le sue condizioni sarebbero stabili, non si può costringerla alla separazione dai figli che invece potrebbero, con il loro affetto, darle anche quell'aiuto emotivo necessario alla guarigione. In più, molte le pagine aperte su Facebook: una tra queste è corredata di infiniti post in bacheca a sostegno e della foto di una torta fatta dalla piccola Sofia per il compleanno della sua mamma, con la panna, le candeline e una decorazione con tre cuori vicini e uniti.
Ma cercando on line emerge anche qualche altro punto di vista, tra le righe di un giornale di Durham. Si tratta di un pezzo dal titolo "Non chiamate questo giornalismo", pubblicato sull'Herald Sun. Parla di una campagna mediatica lanciata da Alaina e dalla famiglia di lei che ha puntato tutto sul legame tra la custodia affidata al padre e la malattia della donna, dell'unico punto di vista materno presentato dai mezzi di comunicazione che hanno fornito una visione parziale della vicenda, di una «copertura mediatica irresponsabile». La storia viene letta come classica guerra tra coniugi per la custodia dei figli, combattuta in questo caso, «incomprensibilmente», con ogni mezzo, anche da parte materna. Si ribadisce che la prima responsabilità di ogni giudice è in realtà quella di pensare al bene dei bambini, si raccontano episodi concreti di difficoltà di gestione della malattia da parte della donna, che secondo quanto riferisce l'oncologo salterebbe i trattamenti e ignorerebbe i consigli dei medici. L'articolo si conclude così: «L'aver inseguito una storia che presta il fianco alla polemica ha sfruttato i telespettatori e i lettori. Più orribilmente, la battaglia per la custodia condotta dai genitori di due bambini di 6 e 11 anni è ora un gossip globale».
Maria Gallelli
Dossier a cura di Maria Gallelli e Orsola Vetri