Rifugiati, la prova dell'accoglienza

Sono state più di 43 milioni, nel 2009, le persone costrette a lasciare casa e patria per salvarsi la vita. E i Paesi ricchi sono i meno generosi nel dar loro rifugio.

In cerca di un posto e di una casa

20/06/2010
La scrittrice Anilda Ibrahimi.
La scrittrice Anilda Ibrahimi.

Quelle dei rifugiati sono sopratutto storie. Storie di vita, di idee, di dolori e di gioie. Ed è importante quando queste storie vengono raccontate. Si dimostra così che i rifugiati, come gli immigrati in genere, non sono solo portatori di problemi, ma possono anche diventare risorse. È noto che gli immigrati sono meno del 7% della popolazione e che producono più del 10% del Prodotto interno lordo. Ma il loro contributo sotto il profilo culturale non è minore, anzi.

     “Facendo letteratura essi arricchiscono le nostre idee, i nostri orizzonti, i nostri sogni”: ha detto Mario Lana, vicepresidente del Comitato Italiano Rifugiati. Molti sono stati, infatti i rifugiati illustri, anche sotto il profilo culturale: Ovidio, Dante Alighieri, Nicolò Machiavelli, Victor Hugo, Berthold Brecht, Bela Bartok, Fredrick Chopin, Richard Wagner, Marc Chagall, per ricordarne solo alcuni tra i più conosciuti. Andrea Camilleri ha sottolineato di ritenere un dovere di cittadino quello di denunciare l'attuale politica dei respingimenti: “Difficile non collegare gli esuli attuali agli antifascisti italiani, costretti a trovare rifugio altrove. La nostra Costituzione rende onore a tutti gli esuli e va applicata integralmente”.

     Anilda Ibrahimi è una di quelle che ce l'hanno fatta. Giornalista e scrittrice albanese, vive dal 1997 in Italia. I suoi romanzi sono pubblicati da Einaudi: “In Italia purtroppo l'integrazione è un fatto molto individuale. È lasciato nelle mani delle associazioni. Non è un modello di integrazione proposto dalla Stato. La letteratura svolge un ruolo importante, perché raccontare la vita è anche un modo di fare politica. E oggi bisogna combattere contro il ritorno del razzismo. Ho sempre pensato che in Italia fosse una sovrastruttura, una eredità del colonialismo. Invece oggi si presenta come un problema strutturale. Io sono un caso fortunato, un'eccezione, per questo non voglio parlare di me. Piuttosto voglio ricordare i minorenni che dormono alla Stazione Ostiense oppure a Termini.”

    Enaiatollah Akbari è uno di quei ragazzi, che oggi vive e studia a Torino. La sua storia è raccontata nelle pagine del libro di Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli. “Senza una casa – ha detto – non c'è nemmeno un luogo di cui avere memoria. Sono dovuto fuggire dalla mia casa. Quando sono arrivato in Iran, volevo fermarmi lì. Ho dovuto proseguire. Allora ho sperato di trovare una casa in Turchia. Ho dovuto proseguire ancora. Bisogna arrivare in Europa, mi dicevano. Quando mi sono trovato in Grecia, ho pensato finalmente d'essere arrivato. E invece mi hanno spiegato che quel Paese è un corridoio, e che bisogna andare avanti. Ho passato anni senza un posto in cui fermare i pensieri, su cui fissare la memoria. Solo adesso ho ripreso a vivere. Da quando ho una casa.”

Ahmad Gianpiero Vincenzo
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