Sud Sudan, referendum per l'oro nero

Circa 8 milioni di abitanti di questa parte dell'Africa devono decidere se rimanere uniti al Nord del Paese o se attuare la secessione. In gioco le ricchezze del petrolio. Un video.

I vescovi sudanesi denunciano: «Troppi soldati e armi lungo la linea di confine»

19/11/2010
Monsignor Cesare Mazzolari, missionario comboniano, da dieci anni vescovo di Rumbek, in Sud Sudan.
Monsignor Cesare Mazzolari, missionario comboniano, da dieci anni vescovo di Rumbek, in Sud Sudan.

Dal nostro inviato a Juba, Sud Sudan -
«Che l’esito del referendum sia l’unità o la secessione, il Sudan non sarà più lo stesso perché il popolo avrà esercitato la sua scelta libera e democratica». Il 9 gennaio 2011 sarà comunque una data di svolta per il grande Paese africano, e questi giorni che separano il Sudan al voto sono cruciali e delicatissimi. Dall’8 al 15 novembre, per la seconda volta in pochi mesi, i vescovi sudanesi si sono riuniti per discutere del referendum e delle sue eventuali conseguenze.

    Il referendum, stabilito cinque anni fa con gli accordi di pace che sancirono la fine della più che ventennale guerra fra Nord e Sud (1983-2005), chiama la popolazione del Sudan meridionale a scegliere se rimanere uniti in un unico Stato con il Nord o fare la secessione; inoltre chiede alla popolazione della regione di Abiey – il territorio conteso fra Nord e Sud, particolarmente ricco di giacimenti petroliferi – di decidere se rimanere con il governo di Khartoum o se passare a quello nascente di Juba (che sarebbe la capitale del nuovo Stato).

    “Let the people choose”, lasciate che il popolo scelga. È questo lo slogan lanciato dai vescovi al termine della Conferenza episcopale sudanese, che ha riunito a Rumbek (Sud Sudan) tutti i pastori della Chiesa cattolica del Paese, formata da sette diocesi nella parte meridionale e da due nel Nord. «Chiediamo soprattutto che venga rispettata la scelta libera e democratica dei votanti», dice monsignor Cesare Mazzolari, missionario comboniano, da dieci anni vescovo di Rumbek. «Ci siamo riuniti nuovamente, a distanza di soli cinque mesi, non solo per ribadire quanto dicemmo a giugno scorso, ma anche per prepararci al “dopo”. C’è un grosso problema con le minoranze: molti dal Nord si sono trasferiti nel Sud, molti di più sono i sud sudanesi che da anni vivono a Khartoum e nelle regioni settentrionali. Sono minoranze che in caso di secessione rischiano di essere vulnerabili e a rischio. Chiediamo alla autorità, tutte, di rispettarle e alla comunità internazionale di vigilare. Nel documento finale, i vescovi sudanesi denunciano esplicitamente l’accumulo di soldati e armamento lungo la linea di confine

     Ma ai rischi di una tensione crescente rispondono sottolineando che «la pace è possibile»: «l’eventuale secessione», insistono, «non divide due popoli, ma due territori. La cooperazione e la collaborazione devono continuare in spirito di buon vicinato». «Come vostre guide spirituali», concludono i vescovi, «vogliamo essere la voce dei senzavoce e dei vulnerabili e offriamo il nostro aiuto in questo momento cruciale della storia del nostro Paese».

Luciano Scalettari
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare

Ultimi dossier pubblicati

%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati