04/01/2011
Salman Taseer, governatore del Punjab (Pakistan) ucciso il 4 gennaio 2011.
Comincia macchiato di sangue. In Pakistan il 2011 esordisce con un omicidio politico: Salman Taseer, governatore del Punjab, è stato ucciso martedì 4 gennaio da una delle sue guardie del corpo, nella capitale Islamabad. Il suo assassino, Malik Mumtaz Hussain Qadri, lo avrebbe eliminato per aver definito quella sulla blasfemia «la legge nera». A differenza di altri leader politici, infatti, Taseer aveva criticato le norme che puniscono con durezza quanti vengono giudicati colpevoli di aver parlato male di Maometto o di aver profanato il Corano senza bisogno che gli accusatori debbano esibire prove inconfutabili.
Di recente, il governatore Tasser aveva chiesto al presidente della Repubblica Asif Ali Zardari di concedere la grazia ad Asia Bibi, la donna cristiana del Punjab, 45 anni, madre di cinque figli, condannata a morte lo scorso novembre dopo una denuncia per blasfemia. Rahman Malik, ministro dell’interno del Pakistan, ha affermato che «Qadri ha confessato il suo crimine e ceduto la sua pistola alla polizia dopo l'attacco». Il ministro ha aggiunto che l’assassino è un poliziotto di Rawalpindi e che solo di recente era entrato di recente nello staff del governatore. Questa era la terza volta che lavorava nel cordone di sicurezza.
Il presidente Zardari, il primo ministro Gilani e gli altri leader politici hanno condannato l’incidente. In particolare, il premier pachistano Yusuf Raza Gilani ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. Diverse associazioni per i diritti umani hanno ringraziato Taseer per i suoi sforzi per l’abolizione della legge sulla blasfemia e per aver difeso la vita di Asia Bibi. Intanto, la polizia resta in allerta nel timore di altri episodi di violenza contro funzionari e politici.
Il clima non è dei migliori. Si pensi, ad esempio, che a dicembre, in una preghiera del venerdì, l'imam della più grande moschea di Peshawar aveva offerto una ricompensa di 4.500 euro per chiunque uccida Asia Bibi. Nel suo sermone, Maulana Yousuf Qureshi aveva messo in guardia il Governo di Islamabad contro qualsiasi iniziativa di abolizione o modifica della legge sulla blasfemia. L’imam aveva anche sottolineato che se la Corte d’appello giudicherà Asia Bibi innocente, saranno i mujaheddin a ucciderla.
Qualche spiraglio esiste, sufficiente ad alimentare qualche residua speranza. «La legge sulla blasfemia è discriminatoria ed è utilizzata dai singoli per risolvere le proprie dispute personali», hanno concordato i partecipanti al seminario “La legge sulla blasfemia, una chiamata per la sua revisione”, organizzato lo scorso 2 dicembre dal centro di studi laico Jinnah Institute di Islamabad. L’incontro è stato realizzato per chiedere al Governo la modifica della legge alla luce del recente caso di Asia Bibi. Ad esso hanno preso parte leader religiosi cristiani e musulmani, rappresentati di Organizzazioni non governative e membri della società civile. Presente anche Shahbaz Bhatti, ministro federale per le minoranze, cattolico dichiarato.
Durante l’incontro, come ha raccontato l'agenzia di stampa Asianews, i partecipanti hanno discusso il disegno di legge presentato all’Assemblea nazionale dall’ex ministro per l’informazione e i media, la deputata Sherry Rehman. La proposta consiste nella modifica delle sezioni 295 A e C del Codice penale pakistano e 298 del Codice di procedura penale. Essa intende garantire a tutti i cittadini un uguale diritto alla tutela costituzionale ed evitare i frequenti errori di interpretazione in nome di blasfemia.
«Nella legge attuale la definizione di blasfemia è un termine vago», ha affermato monsignor Rufin Anthony, arcivescovo di Islamabad, «ma porta comunque a una condanna a morte obbligatoria secondo la sezione 295C del codice penale. E' essenziale non solo rimuovere l’utilizzo infame della legge sulla blasfemia, ma anche capire la strada da seguire per migliorare la nostra società».
Anche Javed Ahmad Ghamdi, studioso di religione musulmana, ha criticato la legge, che consente continue discriminazioni a danno delle minoranze. Egli ha sottolineato soprattutto la necessità di rivedere la norma alla luce degli insegnamenti islamici in modo da non consentire ai giudici di creare scappatoie per aggirare il diritto. Secondo i dati della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp),
dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. La legge sulla blasfemia costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.
Alberto Chiara