28/01/2011
L'arrivo degli ortaggi in un mercato di Juba.
KHARTOUM- La politica in molti casi è la buccia dell’Africa: la rappresenta all’esterno, ma nasconde il contenuto. Il Sudan si trova in questi giorni sulle pagine dei giornali di tutto il mondo per il fatto di essere sull’orlo della spaccatura in due Stati distinti. Eppure, camminando per le strade di Khartoum non si ha l’impressione di trovarsi all’alba di un momento storico. L’affluenza alle urne del referendum per l’indipendenza del Sud Sudan è stata superiore al 96%, e i risultati – ormai quasi definitivi – danno all’opzione secessionista il 98,81% delle preferenze. Nessuno si aspettava uno tsunami di queste dimensioni. In questo caso, i numeri sono ben più che cifre: sono una rappresentazione semplice e immediata della frattura che attraversa il Paese e della volontà trepidante dei sud sudanesi di gustare il sapore della libertà.
La gravità del momento è palpabile entrando nelle stanze asettiche dei diplomatici o nei pomposi palazzi ministeriali. Ma sono centri di potere lontani anni luce dalla vita della stragrande maggioranza della popolazione. “Alla gente di qui non importa del Sud o del referendum, continuano la loro vita come se niente fosse”, assicura un giovane ricercatore dell’Università di Khartoum. Quando si cerca di sollevare le questioni politiche con la gente comune, le risposte mostrano indifferenza, rassegnazione e spesso un senso di sollievo. “La separazione? Meglio così, sono convinto che potremo vivere meglio come buoni vicini che come coinquilini dello stesso appartamento”, afferma uno studente.
Pochi sembrano chiedersi quale sarà il futuro del Nord Sudan. Il Presidente al-Bashir, pur smentendosi pochi giorni dopo, ha prospettato l’instaurazione di uno Stato islamico senza spazio per il pluralismo. Eppure alcune sere fa, a uno spettacolo organizzato per presentare artisti emergenti, centinaia di giovani hanno affollato la riva del Nilo per ascoltare cover di famosi brani pop occidentali, guardare estasiati gruppi di break-dance ghetto style e ballare le hit dance del momento. E' una generazione orgogliosa della propria identità, ma anche attratta dai miti della società dei consumi. Sembra difficile che questa gioventù globalizzata possa accettare un futuro di isolamento culturale.
Più concrete saranno certamente, a lungo termine, le conseguenze economiche della separazione. Il Nord perderà almeno una parte delle rendite petrolifere e delle terre fertili del Paese, cioè i due settori chiave dell’economia. In un momento di pessima congiuntura economica internazionale, ciò ha spinto il Governo a varare un pacchetto di drastici tagli alla spesa pubblica. Molti prezzi hanno avuto rialzi del 40-50%, causando rivolte popolari circoscritte ma diffuse in molte aree periferiche del Paese. Eppure non si teme un “contagio tunisino”: non esistono alternative credibili al governo in carica, né nel mondo politico, né nella società civile.
Il National Congress Party del presidente al-Bashir ha portato la pace e un inizio di sviluppo economico. Quest’ultimo tuttavia si è accompagnato a una crescita delle diseguaglianze. Nella capitale, dove il tenore di vita medio è comunque più alto e le infrastrutture migliorano a vista d’occhio, alcuni servizi di base restano gravemente insufficienti. Nei pressi di ogni ospedale o clinica si aggirano malati che espongono ai passanti una diagnosi o una ricetta medica, chiedendo aiuto per comprare i farmaci o pagare gli esami. Alcune settimane fa Khaled, autista di un’ambasciata europea, è morto perché non è riuscito a trovare i medicinali cardiaci che gli avevano prescritto, pur potendo pagarli. Migliaia di cittadini vivono di lavori informali, come lustrare le scarpe o preparare il the ai bordi delle strade, oppure cercano di essere assunti “a settimana” nell’edilizia. Indicando il nuovo grattacielo di un’impresa petrolifera Fadil, tassista, commenta laconico: “Il petrolio porta molti soldi, ma restano lassù”. Basterebbe che da “lassù” piovesse un po’ di più, per rendere questa terra meno arida.
(scrive dal Sudan per Famigliacristiana.it un esperto di poliltica
internazionale che, per ragioni di sicurezza, preferisce mantenere
l'anonimato)