Egitto, tutti contro Mubarak

Intervista con un giovane italiano che vive e studia al Cairo: «Nelle piazze non si sentono slogan di tipo religioso. Le proteste in strada uniscono donne e uomini, giovani e anziani».

31/01/2011
Paolo Nolano, un giovane italiano che da oltre un anno vive nella capitale egiziana e studia l'arabo.
Paolo Nolano, un giovane italiano che da oltre un anno vive nella capitale egiziana e studia l'arabo.

A una settimana dall'inizio delle proteste più dure contro il regime di Hosni Mubarak gli egiziani non si arrendono e continuano a scendere nelle strade, sfidando il coprifuoco, per chiedere un cambiamento politico radicale. “Qua e là si vedono segni di stanchezza fra i manifestanti. Tra l'altro nei negozi cominciano a scarseggiare alcuni generi di prima necessità. Questa mattina non sono riuscito a trovare pane fresco. Alcuni supermercati sono chiusi, ma restano aperti i chioschi che vendono alimentari. Però, nonostante questo, tutti dicono che la protesta andrà avanti fino alla caduta di Mubarak”.

Dal Cairo parla Paolo Nolano, un giovane italiano che da oltre un anno vive nella capitale egiziana. Paolo studia arabo e ha molti contatti con la società civile egiziana, soprattutto con i giovani. “Qui al Cairo, tra la gente, la parola d'ordine è una sola: Mubarak se ne deve andare. Lo chiedono tutti: uomini e donne, giovani e anziani. Ho visto in strada anche bambini e mutilati, donne con il niqab vestite di nero. Uno degli slogan più urlati dice: il popolo è unito. Sembra proprio così”.

La gente non vuole più Mubarak, ma dopo che cosa si aspetta?
Questo non lo sa davvero nessuno. Nessuno sembra avere le idee chiare e regna una grande incertezza. Però la gente è davvero stanca del regime.

Mohamed El Baradei, 70 anni, l'ex alto funzionario dell'Onu che si propone come leader dell'opposizione, ha un seguito popolare? La gente lo sostiene?
Direi proprio di no. Mi pare abbia più credito all'estero e nei circoli diplomatici che qui in Egitto. Quando nei giorni scorsi si è diffusa la voce che lo avevano arrestato gran parte della gente è rimasta indifferente. Francamente i suoi sostenitori mi sembrano una minoranza.

I copti che cosa dicono? Anche loro protestano?
Venerdì scorso, in occasione della grande manifestazione delle opposizioni, il 'papa' copto Shenouda III aveva chiesto ai copti di non scendere in strada a protestare, ma so che diversi amici copti si sono uniti alla protesta a titolo individuale, senza simboli o insegne. D'altra parte, per ora, nelle strade non si sentono slogan di tipo religioso, sia da parte dei musulmani che della minoranza cristiana. Gli unici slogan sono quelli contro Mubarak.

Quali sono le scene più impressionanti che hai visto in questi giorni?
Ricordo con emozione il pianto di un giovane tassista. Gli ho chiesto se era riuscito a dormire e lui mi ha risposto di no, perché era troppo in ansia per la sorte del suo paese che ama. Ricordo anche la banda di ragazzini che ha provato a saccheggiare un negozio sotto casa mia, mentre gli abitanti della strada si chiamavano a gran voce per difendere il negozio dall'assalto. Poi ho visto molti persone dirigere il traffico al posto della polizia nei punti nevralgici della città. In generale, mi ha colpito l'umanità e il senso di responsabilità degli egiziani, nonostante la paura e l'incertezza.

La gente sembra guardare con simpatia ai militari, è così?
Sì la gente sembra fidarsi dei soldati, mentre teme la polizia. Questo lunedì mattina sono ricomparsi in strada i poliziotti e molti sono preoccupati. Nella repressione della rivolta i più duri sono stati proprio i poliziotti.

Che succede nel resto dell'Egitto?
Da Alessandria e da Suez arrivano brutte notizie. Ci sono stati morti, soprattutto a Suez, saccheggi e devastazioni. Un amico che lavora a Ismailia è preoccupato perché non riesce a raggiungere la sua famiglia ad Alessandria. Muoversi all'interno del paese resta complicato.

Le ambasciate vi chiedono di partire?
Per ora no, non ci sono piani di evacuazione. Ci lasciano liberi di scegliere, ma per chi vuole partire non è facile perché all'aeroporto è il caos.

Hai paura?
No. Devo dire che in questi giorni gli amici egiziani sono molto premurosi e protettivi verso noi stranieri. Ci chiamano in continuazione, ci rassicurano, ci dicono se è il caso di uscire oppure no, dove si può andare e dove può essere pericoloso. Questo mi sembra molto bello.

 

Roberto Zichittella
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Postato da Nemo Profeta il 02/02/2011 00:32

Quello che stà accadendo in Egitto, Tunisia e nord-africa non è riproponibile per l'Iran (che è una Repubblica Presidenziale con tanto di Costituzione) per una semplice ragione: la stragrande maggioranza del popolo stà dalla parte del Governo, ed in particolare con Ahmadinejad, eletto con libere elezioni alle quali ha partecipato attivamente la Comunità Ebraica Iraniana. Il fallito tentativo della cosiddetta "onda verde" (facente parte delle pseudo-rivoluzioni colorate) ne è la prova schiacciante. Infatti i miseri cortei di un centinaio al massimo di "oppositori" e comparse prezzolate da CIA e Mossad, sono stati letteralmente spazzati via dalle folle oceaniche di un paio di milioni di partecipanti al grido di "Ahmadinejad è con il popolo Iraniano". La "grave colpa" dell'Iran è, per USA ed Israele (con l'appoggio servile della maggior parte degli Stati Europei), quella di volersi sviluppare senza influenze ed ingerenze del "mondo occidentale". Ecco del perchè l'Iran è da troppo tempo nel mirino di CIA e Mossad, subendo continue gravi azioni di terrorismo, in attesa che arrivino anche là i "bombardamenti democratici". Ma sarà dura per gli incauti "esportatori di democrazia", perchè il popolo Iraniano (per nulla piegato dalle infami sanzioni) è coeso e dalla parte di Ahmadinejad!

Postato da Andrea Annibale il 01/02/2011 04:43

Ho già inviato questo commento. Ho apportato qui una importante aggiunta. Prego di non tenere conto del commento quasi identico inviato precedentemente. Grazie e scusate il disturbo. Sono contro Mubarak per alcuni crimini che ha compiuto ma non per la sua demonizzazione. Il rischio è duplice. Da un lato che si crei un capro espiatorio per tutti i mali dell’Egitto, dimenticando che alcuni problemi economici sono del tutto indipendenti dalla politica di Mubarak e dimenticando la giusta politica filo-israeliana fatta sotto Mubarak (non siamo per l’amicizia politica ed ecumenica fra ebrei, cattolici e musulmani? O lo siamo in modo intermittente e ambiguo?). L’Egitto fu infatti il primo Paese arabo a riconoscere Israele nel 1979 (Mubarak sarà nominato Presidente nel 1981, circa due anni dopo), seguito dalla Giordania solo nel 1994. La tanto criticata amicizia con Israele e con gli U.S.A. è stato un fattore importante di stabilizzazione della regione del Maghreb (cioè l’Africa del nord ovest) e del Medio Oriente. Dall’altro, che prenda il posto di Mubarak un regime anche non fondamentalista ma comunque anti-occidentale e antisemita, contrario a Israele e alla sua religione. Mubarak è al potere da troppi anni e sembra aver favorito il figlio in occasione di alcune importanti privatizzazioni. Così si è trasformato in un monarca odioso. E’ più che mai opportuno un avvicendamento nel potere in Egitto che veda Mubarak dimettersi. Approvo del tutto le parole espresse da Hillary Clinton, Segretario di Stato sotto la Amministrazione Obama, la quale Clinton ha dichiarato che occorre 'coinvolgere immediatamente gli egiziani nell'attuazione di riforme politiche, sociali ed economiche''. Clinton ha inoltre chiesto alle autorità egiziane ''la cancellazione del bando alle comunicazioni'' imposto oggi, con Internet e alcuni servizi di telefonia mobile interrotti. Inoltre, ha opportunamente detto, ''Continuiamo a seguire la situazione da vicino, siamo molto preoccupati per il ricorso alla violenza da parte della polizia e delle forze di sicurezza contro i manifestanti, sollecitiamo il governo a contenere le forze di sicurezza, ma anche i manifestanti a esprimere pacificamente la loro protesta''.

Postato da Andrea Annibale il 01/02/2011 04:13

Sono contro Mubarak per alcuni crimini che ha compiuto ma non per la sua demonizzazione. Il rischio è duplice. Da un lato che si crei un capro espiatorio per tutti i mali dell’Egitto, dimenticando che alcuni problemi economici sono del tutto indipendenti dalla politica di Mubarak e dimenticando la giusta politica filo-israeliana fatta sotto Mubarak (non siamo per l’amicizia politica ed ecumenica fra ebrei, cattolici e musulmani? O lo siamo in modo intermittente e ambiguo?). L’Egitto fu infatti il primo Paese arabo a riconoscere Israele nel 1979, seguito dalla Giordania solo nel 1994. La tanto criticata amicizia con Israele e con gli U.S.A. è stato un fattore importante di stabilizzazione della regione del Maghreb (cioè l’Africa del nord ovest) e del Medio Oriente. Dall’altro, che prenda il posto di Mubarak un regime anche non fondamentalista ma comunque anti-occidentale e antisemita, contrario a Israele e alla sua religione. Mubarak è al potere da troppi anni e sembra aver favorito il figlio in occasione di alcune importanti privatizzazioni. Così si è trasformato in un monarca odioso. E’ più che mai opportuno un avvicendamento nel potere in Egitto che veda Mubarak dimettersi. Approvo del tutto le parole espresse da Hillary Clinton, Segretario di Stato sotto la Amministrazione Obama, la quale Clinton ha dichiarato che occorre 'coinvolgere immediatamente gli egiziani nell'attuazione di riforme politiche, sociali ed economiche''. Clinton ha inoltre chiesto alle autorità egiziane ''la cancellazione del bando alle comunicazioni'' imposto oggi, con Internet e alcuni servizi di telefonia mobile interrotti. Inoltre, ha opportunamente detto, ''Continuiamo a seguire la situazione da vicino, siamo molto preoccupati per il ricorso alla violenza da parte della polizia e delle forze di sicurezza contro i manifestanti, sollecitiamo il governo a contenere le forze di sicurezza, ma anche i manifestanti a esprimere pacificamente la loro protesta''.

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