31/01/2011
Le proteste al Cairo.
Se è vero che con la globalizzazione un battito d'ali di farfalla in Cina equivale a un uragano in Europa, possiamo immaginare l'effetto e l'impatto prodotto sui Paesi del Nordafrica, teatro delle rivolte degli ultimi giorni (in Tunisia, in Algeria, nello Yemen, in Egitto) dall'aumento della domanda alimentare in interi subcontinenti, come la Cina, l'India e il Brasile. A causa del graduale e inarrestabile benessere di questi popoli stiamo entrando in un’epoca di scarsità alimentare. La crescita delle nuove superpotenze economiche ha portato a una crescita della domanda di alimenti e di materie prime superiore all’offerta dei raccolti e della produzione agricola.
Le "rivolte del pane" di questi giorni sono il frutto dell'inflazione provocata dalla scarsità di mezzi (di grano in particolare ma anche di altre materie prime) in rapporto alla circolazione di moneta e del conseguente impoverimento dei ceti medio-bassi della popolazione, che porta masse di nuovi poveri a pretendere prezzi “politici” per sopravvivere. Lo abbiamo visto molto chiaramente in Tunisia. Molte frange della popolazione dei Paesi del Maghreb, sottoposti a un decennio di crescita, non hano sopportato il brusco stop del loro reddito. E' questo che ha portato alle rivolte di queste settimane, unito agli effetti imprevedibili di una sorta di "vento atlantico" (proveniente cioé dalla culla della democrazia, gli Stati Uniti), foriero di voglia di benessere e democrazia, che molti storici hanno paragonato a quello che nell'89 fece cadere il muro di Berlino.
Protagonisti delle rivolte, come quasi sempre avviene, i giovani, che nel solo Egitto rappresentano il 40 per cento della popolazione. La rabbia del popolo contro dispotismo e corruzione si è espressa attraverso loro e i loro formidabili mezzi di comunicazione, da twitter a facebook, che permettono a questa generazione globale di scambiarsi informazioni e invadere le piazze in pochi minuti. Un'arma formidabile, che in questi giorni sta dimostrando di essere superiore agli stessi carrarmati. Nemmeno gli Stati Uniti, che dal 1982 hanno fornito ininterrottamente aiuti al regime calcolabili in oltre 60 miliardi di dollari, potevano prevedere la loro stessa influenza sui giovani nordafricani. E soprattutto non l'hanno previsto al vertice di Davos in corso in queste ore, dove i vari premi nobel, imprenditori, finanziari, manager ed esperti guardano attoniti a un evento storico che non avevano minimamente previsto.
E l’Europa? Anche il Vecchio Continente non deve sentirsi troppo al sicuro, come ha dichiarato il capogruppo del Partito popolare europeo al parlamento di Strasburgo, il francese Joseph Daul: “Sono inquieto per l'aumento dei prezzi delle materie prime di base. Nessun politico sembra preoccuparsene, invece occorrerebbe studiare attentamente il fenomeno. Stiamo andando in senso opposto a quello di garantire la sicurezza alimentare dell'Europa: si rischia una grande crisi già nel 2011”
Francesco Anfossi