17/02/2011
Avere Ibrahimovic e Pato, Vicinic e Juan, Pirlo e Totti, e in Champions League come Milan patire in casa il Tottenham che è la quinta/sesta squadra inglese, e come Roma patire, sempre in casa, lo Shakhtar Donetz che è la prima squadra ucraina, dunque sicuramente non una compagine di club fra le prime cinquanta del mondo ( ed si deve pure dire che la sosta invernale ha fatto sì che questa compagine non giocasse in gara ufficiale dall’8 dicembre 2010…), è cosa pesantuccia, umiliante specie per chi si ritiene, per esperienza, passione soldi, gloria pregressa ed entusiasmi depositario del meglio calcio del pianeta.
Il centrocampista del Milan, Gennaro Gattuso, durante la zuffa al termine della partita di Champions League contro il Tottenham allo stadio Giuseppe Meazza di Milano.
Naturalmente bisogna sperare nelle partite di ritorno del Milan che parte da 0 a 1 e la Roma che parte da 2 a 3, ma già si parla di obbligo di miracolo, intanto che gli inglesi ci danno dei mafiosi per come si è comportato Gattuso a San Siro, scusandosi alla fine ma non certo ponendosi al riparo da una pesante squalifica, all’insegna dell’operazione antipatia che da noi è sempre in corso di svolgimento. E ovviamente bisogna contare e sperare forte sull’Inter impegnata fra poco. Ma intanto si deve dire che se il denaro nostro diminuisce e le razzie all’estero diventano per noi sempre più difficili, e se i nostri giovani di talento a diciotto anni ed anche prima vanno in club stranieri, dove il settore giovanile è quello più seguito e studiato e organizzato e gratificato, dobbiamo preoccuparci di ciò persin più che del fatto che non riusciamo da tempo ormai ad ottenere l’organizzazione di un campionato europeo, per non dire di un campionato mondiale, e che i nostri stadi, molti dei quali costruiti per Italia 90, dunque non in tempi preistorici, sono a pezzi, e che intanto se si pensa a stadi nuovi si pensa a occasioni di tangenti più che di rilancio del grande gioco chiamato football.
Insomma c’è il “rischio” che la Nazionale diventi davvero lo specchio del paese extracalcistico, un “posto” dove si arrabattano giovani di buona volontà ma precari, e in cerca di contratti all’estero, e stranieri che fanno razzie di soldi chez nous come per una lunga super-ospitata di un eterno festival di Sanremo. Questa Nazionale di Prandelli, che ha aperto agli oriundi e agli italiani acquisiti, è stata da qualcuno definita la nostra migliore squadra, o almeno quella che pratica il football più piacevole, con il rischio che sia vero: questo dopo che gli azzurri hanno pareggiato a Dortmund, contro la Germania, una partita amichevolissima farcita di sostituzioni, con un gol di Giuseppe Rossi che è nato negli Usa e sta giocando in Spagna perché non è abbastanza esotico per il nostro calcio.
Aspettiamo senza sperare troppo. Non ci sono rimedi immediati, e quanto a ridarci, a rifarci i vivai, i tempi sono lunghi, mentre le plebi calcistiche vogliono fescennini tanti e subito, mentre i soldi sono sempre meno, gli stadi sono sempre più vuoti (a parte il fenomeno Napoli, isolatissimo), gli stranieri chez nous sempre più mercenari, la spocchia nostrana sempre immensa, con una autostima fissa, assoluta pari soltanto alla disistima provvisoria, relativa quando è tempo di contestare, spaccare tutto, frequentare la violenza, dimenticare l’amore o usarlo per odiare di più e “meglio”.
Gian Paolo Ormezzano