22/05/2010
Nella memoria degli italiani, la sua voce resta legata alle telecronache di tante partite della Nazionale, ma nei ricordi di Bruno Pizzul ci sono anche molte memorabili sfide che hanno visto per protagonista l’Inter e che lui ha raccontato per la Rai: «Non dimenticherò mai la straordinaria galoppata di Nicola Berti che attraversò tutto il campo prima di realizzare il gol del 2-0 in Inter-Bayern Monaco nella Coppa Uefa1988-89». Oltre vent’anni dopo, le due squadre si giocano la Champions League.
Chi vincerà?
«Penso che l’Inter abbia qualcosa in più, ma in queste partite secche, come la storia ci insegna, tutto può succedere».
È più forte l’Inter di Herrera o quella di Mourinho?
«Fare confronti fra squadre che hanno giocato in tempi così diversi è sempre difficile. Mi sembra che nell’Inter di Herrera ci fossero individualità più spiccate, mentre quella di oggi è una squadra più compatta. Rispetto alle altre squadre con cui si confrontava, l’Inter degli anni’60 era forse più forte di quella di adesso. Proponeva un calcio davvero innovativo, con la difesa coperta e una grande abilità nel partire in contropiede».
Hai un passato da calciatore professionista. Quali giocatori dell’Inter di allora ti impressionavano di più?
«Luisito Suarez con la sua straordinaria capacità di far girare la squadra; la velocità di gambe di Sandro Mazzola; il genio di Mario Corso, che come tutti i grandi talenti a volte dava l’impressione di battere la fiacca, ma poi non mancava mai negli appuntamenti decisivi».
Un altro grandissimo di quell’Inter è stato Giacinto Facchetti. È vero che con lui c’è stato molto più di un rapporto professionale?
«Sì, sono stato onorato di avere la sua amicizia. L’ho conosciuto quando nel 1968 ho iniziato a fare il telecronista e fra noi è nata subito una simpatia, favorita dal fatto che entrambi eravamo degli spilungoni. Allora era molto più facile avere rapporti diretti con i calciatori. Ricordo con grande affetto le partite a ping pong con lui e le deliziose cenette che preparava sua moglie Giovanna».
E di Herrera che ricordo hai?
«Per certi versi era simile a Mourinho nell’istronismo e nella capacità di motivare i giocatori: prima delle partite, per caricarli, faceva stendere striscioni dell’Inter negli spogliatoi. Gli allenatori dovrebbero dare un riconoscimento a lui e a Nereo Rocco: prima di loro, a parte Vittorio Pozzo, il condottiero dell’Italia due volte campione del mondo nel 1934 e nel 1938, gli allenatori, per quanto importanti, erano completamente ignorati dalla stampa».
Nell’Inter di Herrera, c’era un Balotelli?
«Penso proprio di no. All’epoca i giovani calciatori erano molto più pacati e nutrivano grande rispetto per i compagni di squadra più anziani. Del resto, il calcio è sempre stato un ottimo specchio della società. Oggi, quando vado in tram, non vedo più nessuno che si alza per far sedere una persona che ha una certa età».
Eugenio Arcidiacono