06/10/2011
A poche ore dalla morte di Steve Jobs, 56 anni, fondatore della Apple e di gran parte del mondo digitale che ci circonda, ciò che impressiona di più è l'urlo della Rete. Corre proprio sulle ali che il visionario di Cupertino ha pensato per il popolo del web: iPod, iPhone, iPad, iTunes.
Tutti oggetti che hanno ormai superato la barriera e il limite di semplici prodotti commerciali, che si vendono, procurano profitti, generano volumi d'affari e posti di lavoro, e sono invece diventati, in neppure dieci anni, pezzi da esporre al MoMa di New York, o icone della modernità come la Coca Cola o la Vespa. Non si dice Piaggio, si dice Vespa. E non si dice Apple per ascoltare la musica, o per il download di un podcast, o per comprare un disco sulla più grande libreria musicale al mondo. Si dice iPod Touch, iDisk, iMac. È tutto questo che Steve Jobs ha lasciato in circa 30 anni di vita professionale.
Scrivo in metropolitana mentre la ragazza accanto a me, non più di 17 anni, nel tragitto per raggiungere un liceo nel centro di Milano, si siede e infila le cuffie bianche (anche qui un cambiamento di rotta che ha lasciato il segno) nel suo iPhone e ripassa la lezione registrata con gli appunti vocali. Lì dentro ci sono anche le sue playlist, gli “amici” di Facebook, i video di YouTube preferiti. Forse non sa ancora che l’ultima rivoluzione di Jobs è quella alla quale lui teneva di più e non ha fatto a tempo a vedere diffondersi nel mondo: la “nuvola” di iCloud, che permetterà di tenere perfettamente sincronizzati il computer di casa e in ufficio, la rubrica del telefono, le schermate di PowerPoint sul tablet. È la frontiera del cloud computing nella quale Jobs credeva fermamente. Stop agli hard disk fissi, alle memory pen, agli ingressi Usb, si ragiona diversamente: si mette nella nuvola un documento da non perdere e lo si scarica a Pechino quando serve, da qualsiasi computer, da qualsiasi Internet cafè, da qualsiasi smartphone. Si scatterà una foto con l’iPhone - e la presentazione dell’ultimo "4S" è andata in scena appena ieri a Londra per la prima volta senza Steve Jobs come mattatore sul palco – e la stessa fotografia arriverà all’istante sul pc di casa. Scriveremo un documento Word sul treno con l’iPad e contemporaneamente l’avremo anche sul telefono e in ufficio.
Ora tutto questo, sia come hardware sia come programmi, è offerto anche da altri marchi, da altri gestori di connettività. Adesso anche il mondo Android o l’universo canadese dei BlackBerry hanno le loro “Apps” e gli “store” dove scaricare le “applicazioni” per tenere un budget familiare, per leggere i giornali, per giocare con i figli o per le previsioni del tempo. Ma è partito tutto dalla prospettiva visionaria di Steve Jobs. Nessuno, forse, avrebbe lanciato questa rincorsa competitiva sui gioielli elettronici (spesso con battaglie legali all’ultimo sangue, come quella recentissima che ha opposto proprio i legali della Apple contro il tablet Galaxy 10.1 della coreana Samsung, che certo non ha brillato di originalità per “staccarsi” dall’iPad) se non ci fosse stato Jobs che, parole sue, “voleva lasciare un segno nell’universo”. D’altronde, come lui stesso ricordava sempre nei suoi celebri “Keynotes” a Cupertino, per lanciare nuovi prodotti o aggiornamenti di quelli esistenti, “essere creativi significa soltanto saper combinare in modo unico le cose che già esistono. Anche perché l’innovazione non ha nulla a che vedere con il budget di ricerca e sviluppo a disposizione”.
L’urlo della Rete, mentre questo articolo va online, diventa ancora più
impressionante. È come il celebre "Urlo" di Edward Munch, una
disperazione mista ad ammirazione e a un vago senso di solitudine, ma
qui non è dipinta, è tutta digitale. Provate a collegarvi a Internet, aprite il sito di Twitter, e scrivete #stevejobs: c’è il popolo al quale il genio della Mela si è rivolto con le sue innovazioni nell’hi-tech. Che semplicemente (anche se occorre sottolineare che non sempre questo è positivo)
non riuscirebbe più a vivere senza un iPod. Il motivo è semplice e sta
tutto nella specifica abilità di Steve Jobs, e cioè aver
capito che “la gente non sa quello che vuole finché non glielo si
mostra”. La Apple in fondo è questo, lo strumento ideale per
realizzare un sogno cullato a lungo: sviluppare tecnologie semplici
pensata per le persone.
Anche se non era un tipo facile Jobs, a tratti anche spietato. Diceva ogni giorno nella sua azienda: “Lavoriamo
solo con i fuoriclasse e liquidiamo gli incompetenti. E non date retta
agli “yes-men”. Discussione e dibattito favoriscono la creatività".
Lui voleva operare con persone che mettessero a prova le sue idee, che
lo contestassero, che gli dicessero in faccia “forse così è sbagliato,
dobbiamo cambiare”. Non aveva paura di quelli pià bravi di lui. Pretendeva che non avessero timore di sognare e di guardare lontano.
Lui era il primo a crederci. Diceva: “Bob Dylan e Picasso hanno sempre
rischiato”. Il risultato è intorno a tutti noi: la musica ascoltata in
un prato, la relazione scritta su un aereo, la conferenza preparata su
un tablet e inviata sugli schermi di 3-4 conference-hall
contemporaneamente. La fotografia scattata in un ristorante che rimbalza
sui “profili” di mezzo mondo. Basta non scendere a compromessi. E
avere l’ossessione per l’eccellenza.
Pino Pignatta
Anche il Papa ricorre ai frutti dell'ingegno di Steve Jobs. La mano sul
tablet pronta a fare clic, gli occhi puntati sullo schermo della tavoletta
elettronica; il tutto coronato da un
tweet. Le immagini girate martedì 28 giugno
2011 dal Centro televisivo vaticano hanno fatto il giro del mondo. Benedetto
XVI ha dato il via al nuovo portale vaticano
www.news.va, che da una parte offre
una panoramica delle notizie che riguardano il Papa, il Vaticano, la Chiesa e
gli scenari internazionali, dall'altra aggrega, rendendole più facilmente
consultabili, le diverse strutture di informazioni vaticane: Agenzia Fides,
Osservatore Romano, Sala stampa vaticana, Vatican Information Service, Centro
Televisivo Vaticano.
Un lancio che il Pontefice ottantaquattrenne ha voluto accompagnare
con un suo messaggio via Twitter, uno dei più popolari social network: «Cari
amici, ho appena dato l'avvio a
www.news.va. Sia lodato Gesù Cristo! Con le mie preghiere e la
mia benedizione, Benedictus XVI».
Papa Ratzinger, sottolineavano i dispacci d'agenzia del 28 giugno, ha letto con curiosità le
notizie presenti sul portale, visualizzandole sul tablet con il
touche-screen (nella foto: un'immagine estratta dal servizio girato dal Centro
televisivo vaticano).
Alberto Chiara
a cura di Pino Pignatta