Boston, la città della paura

Dall'attentato alla caccia all'uomo. Una settimana tragica per la città statunitense che rischia di concludersi in un altro bagno di sangue.

Lettera a Martin, bambino per sempre

19/04/2013
Martin Richard (foto Ansa).
Martin Richard (foto Ansa).

Carlo Nesti, noto giornalista, ha pubblicato sul suo blog "Sport e cristianità" questa commovente lettera al piccolo Martin, 8 anni, ucciso nell'attentato alla maratona di Boston mentre, sulla linea del traguardo, aspettava l'arrivo del padre al termine della corsa. La ripubblichiamo.


Ciao! Sono Martin. Martin chi? Ma Martin Richard, il bambino della maratona di Boston!
Ora sono Qua, in Alto, dove non mi vedete, ma dove so di restare bambino in eterno, se lo voglio, senza che nessuno possa impedirmelo. E sono Qua, in Alto, dove, pur essendo ancora piccolo, mi è tutto chiaro, senza bisogno di domande per mamma e papà.

Certo che, quando sono sceso fra voi, accidenti... pensavo di tenervi compagnia un pochino di più! Otto anni... Solo 8 anni... Però, che ne dite? Forse, per come stanno andando le cose, mi sono perso poi un granché? Mah...

Io ci ho provato a dare il mio contributo! Nessun uomo può cambiare, da solo, il “grande mondo”. Tutti, però, possono cambiare, da soli, il loro “piccolo mondo” individuale. Anche sbagliando, e cadendo, ma sempre con il desiderio di rialzarsi, come chiede Gesù, che ci perdona.

E il mio contributo era quel cartello: “Basta fare male alla gente, pace!”. Ne ero orgoglioso, sapete? Era la prima volta, in cui mi sentivo importante non, unicamente, per mamma e papà, ma pure per gli altri. Ho detto la prima volta. Non sapevo che sarebbe stata l’ultima.

Ma ora, Quassù, sono felice, perché so quanto è stato buono il Creatore nel non imporci nulla, e lasciarci liberi di diventare ciò che vogliamo. E nella libertà, inevitabilmente, puoi incrociare chi, disprezzando la propria vita, disprezza quella degli altri.

So che giù, da voi, è difficile accettarlo. Anche io piangevo, quando un amichetto mi portava via un giocattolo. Quando perdevo qualcosa, che sentivo mio.

Ma Quassù tutto è mio, e “mio” è “tutti”. Non si litiga più. Qui è Gioia Assoluta. Avete presente l’esultanza straripante di papà, nel tagliare il traguardo della maratona, e magari vincere, mentre vincono anche tutti gli altri?

Ecco: io mi sento così sempre! E un miliardo di un miliardo di volte ancora di più! Vi auguro di capire che dovete lottare, ogni giorno della vostra vita, per questo traguardo. Credetemi: ne vale la pena!


Carlo Nesti
Segui Carlo Nesti su www.carlonesti.it

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