09/05/2012
Mons. shlemon Warduni con il premier Al Maliki (foto Reuters).
Non enfatizza la situazione di particolare difficoltà dei cristiani. “I cristiani in Iraq sono prima di tutto iracheni e come tutta la popolazione patiscono la situazione che c’è. Se scoppia una bomba non chiede prima a quale fede si appartenga. La violenza raggiunge tutti”, spiega monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, a Roma per incontrare la Caritas italiana prima di partire per raggiungere le altre Caritas europee.
Un checkpoint dell'esercito iracheno in una strada di Baghdad (foto Reuters).
“La nostra situazione attuale è migliorata”, sottolinea il vescovo, “però non c’è sicurezza e stabilità. Questa è la nostra preoccupazione. Speriamo che ci sia la possibilità di andare avanti e di porre fine agli atti terroristici”. Violenza e povertà sono all’ordine del giorno. “Per questo la nostra delegazione è venuta in Europa”, aggiunge monsignor Warduni, “per chiedere a tutti gli uomini di buona volontà un sostegno. Non abbiamo vergogna di chiedere. Abbiamo molti progetti per gli handicappati, per i ragazzi rimasti orfani, per le vedove, per gli studenti. In particolare con i giovani cristiani e musulmani abbiamo un progetto di animazione per educare al dialogo, alla pace e alla fratellanza e per spingere i ragazzi a impegnarsi per la ricostruzione del Paese”.
Un Paese che ha bisogno del sostegno della comunità internazionale “a patto che sia un intervento che semini pace e che dia la possibilità che a ciascun uomo siano riconosciuti i diritti umani. Se la comunità internazionale interviene davvero per questo scopo e non con altri interessi allora può fare il bene e dare stabilità e pace. Occorre però che anche all’interno dell’Iraq non ci siano interessi e divisioni”.
Sorride, ma non tace le critiche il vescovo ausiliare di Baghdad: “Senza le discordie”, sottolinea, “il Paese potrebbe andare avanti anche da solo, ma temo che ci siano interessi a seminare divisioni. In troppi hanno interessi economici e politici perché l’Iraq resti in una situazione instabile. Questo facilita chi vuole fare i propri interessi e non quelli del nostro Paese. Se l’Iraq si lasciasse da solo, se i dirigenti agissero per il bene di tutti gli iracheni, sicuramente il Paese andrebbe avanti e si svilupperebbe di più e si potrebbe costruire un Iraq nuovo”.
Annachiara Valle