20/05/2013
Un campanile fortemente danneggiato.
E’ già passato un anno. Erano le quattro del mattino del 20 maggio quando il terremoto tagliò le gambe all’Emilia. Una scossa di magnitudo 5.9 con epicentro nella bassa, tra Ferrara e Modena.
I primi quattro morti erano operai che facevano il turno di notte, sorpresi nelle loro fabbriche. A Dosso, Sant’Agostino, Bondeno.
Una tragedia che si è riproposta nove giorni dopo, alle 9 del mattino del 29 maggio, quando tutti ormai erano ritornati al lavoro, pensando che il peggio fosse passato.
27 vittime, 15.000 sfollati, centri storici distrutti, aziende messe al tappeto, un danno calcolato sui 13 miliardi di euro.
Le comunità sono rimaste senza chiese e la popolazione ha vissuto per settimane e per mesi con l’incubo della delocalizzazione, perché il terremoto dell’Emilia è stato il terremoto dei campanili e delle fabbriche.
In questa regione si produce il 2% del pil nazionale, ci sono produzioni d’eccellenza che vanno dal biomedicale di Mirandola al Parmigiano e all’ aceto balsamico.
Hanno fatto il giro del mondo le immagini delle cattedrali di parmigiano devastate dal sisma e delle migliaia di litri di aceto fuoriuscite dalle botti, in mezzo alle macerie delle cantine .
Altre immagini che ci resteranno impresse sono quelle delle tendopoli fai da te. Chi poteva si è comprata una tenda e si è sistemato in ogni spazio trovato libero. In giardino, nei campi, ai lati delle strade.
Fin da subito gli emiliani hanno dimostrato una capacità di adattamento fuori dal comune. La priorità è stata data alle scuole e al lavoro. La cassa integrazione a novembre ha toccato il picco di oltre 40.000 lavoratori interessati, che poi sono scesi a 2.700.
Le aziende hanno riaperto e la gente si è rimboccata le maniche. Anche i pensionati sono tornati a dare una mano. Per il momento chi è ripartito l’ha fatto con le proprie risorse, sperando nell’arrivo dei fondi, la famosa cambiale Errani, del valore di 6 miliardi di euro.
Il governatore Vasco Errani, commissario straordinario per il terremoto, facendo il bilancio di questi mesi ha promesso che tutti saranno rimborsati, fino all’ultimo centesimo, anche se sarà necessario trovare un altro miliardo di euro per il patrimonio monumentale.
Intanto, a un anno dal sisma, non si può dire che la ricostruzione sia a buon punto.
La complessità delle pratiche burocratiche rallentano la fruizione dei rimborsi. Su 28mila unità abitative inagibili, circa il 15% degli aventi diritto ha per il momento avuto o chiesto il rimborso.
Solo 68 persone sono ancora in albergo, altri sono stati sistemati nei villaggi di containers, ma molti, oltre 10.000, hanno trovato sistemazioni autonome e ci sono contadini che si sono pagati la casetta di legno coi propri soldi.
Secondo il governatore Errani l’obiettivo immediato è quello di fare approvare due emendamenti fondamentali e irrinunciabili. La proroga al 20 dicembre del pagamento delle tasse da parte delle imprese danneggiate e la piena attuazione del riconoscimento del danno economico anche per le imprese che hanno avuto riduzioni significative del fatturato.
La vera sfida è quella della ricostruzione dei centri storici. Il rischio è che si snaturi il tessuto urbanistico e sociale di questa terra, che questi paesi perdano la loro identità.
“Il nostro errore è stato quello di piangere poco”, ci ha detto scherzando un imprenditore.
In ogni caso l’Emilia, nella tragedia, ha scritto una bella pagina e ha dato un esempio al paese. Un dato di fatto su cui non si insisterà mai abbastanza.
Simonetta Pagnotti
Simonetta Pagnotti