Tra egoismi, interessi e commando

Michael Tsur è uno dei maggiori esperti di mediazione. Che insegna nelle migliori università, a Gerusalemme come a New York. E che applica spesso, in uno speciale team israeliano.

Pugni chiusi e mondo piatto, cresce la conflittualità. Ecco perché. E come rimediare.

20/05/2011

Si fa presto a dire: mediare. Si prenda ad esempio Michael Tsur, nato a Gerusalemme, cittadino del mondo. Lui può spiegarlo con la preparazione propria del bravo docente universitario, cosa che fa normalmente,  o può darne pratica dimostrazione nelle concitate fasi di un sequestro, con donne e bambini minacciati di morte, cosa che accade più di rado, a Dio piacendo, ma che è pronto a fare in ogni momento del giorno o della notte. Dipende se squillano il cercapersone e il telefonino che porta sempre con sé.


  Dal punto di vista teorico, le cose stanno così, dice Tsur. La gente ha sempre meno fiducia nel prossimo, pratica il sospetto, è sempre più propensa a imporre il suo punto di vista, afferma il docente israeliano. E ciò è anche frutto di un paradosso: oggi, infatti, grazie al web, le notizie circolano veloci, corrono da Washington a Dacca o da Buenos Aires a Pechino o, ancora, dal gelido villaggio dell'Islanda al torrido slum di Nairobi, giusto per limitarci a qualche caso emblematico. Uno, per quanto sia più giovane o abbia meno titoli accademici di chi gli sta di fronte, può verificare quello che gli viene detto, può chiedere spiegazioni citando quel precedente o quell'altro, può anche contraddire il suo interlocutore (non importa se questo è il professore o il fornitore o il capoufficio o il medico o il deputato del collegio),  può incalzarlo sino a irritarlo. Magari a ragione. Magari a torto.  «In ogni caso, oggi», scandisce bene Tsur, «uomini e donne vivono spesso sulla difensiva, il pugno chiuso, ripiegati su sé stessi, e lo fanno in un mondo sempre più uniformato in seguito all'avvento di Internet, apparentemente amico, in realtà più piatto».

Cresce, insomma, la conflittualità. Ci si misura con opposti egoismi e con differenti interessi, talvolta tutti legittimi, ma non convergenti. Per tacere di episodi peggiori: violenza politica, terrorismo, atti di vera e propria guerriglia. In mezzo ci sono lui e quelli come lui, che tentano di raffreddare gli animi, usare il cervello e giungere a conclusioni positive, che accontentino le parti. Vale quando si tratta di un matrimonio finito male così come di  un affare sfumato tra recriminazioni reciproche. Vale per una polizza assicurativa dagli effetti controversi o per il recupero di un credito. E vale quando si cerca di strappare alla morte persone sotto tiro.


Michael Tsur, 47 anni, avvocato, sposato,  quattro figlie, è uno dei più apprezzati esperti di mediazione al mondo.  Insegna in un paio di prestigiose Università, come la Columbia University di New York, e come l'Univesrità di Gerusalemme, la città in cui è nato il 9 settembre 1963. Collabora con Harvard. E spesso è chiamato a mettere in pratica le teorie che spiega a lezione: fa parte di un team che l'esercito israeliano riunisce ogni volta che si verifica la cattura di ostaggi. E c'è bisogno di mediatori.

Milano, 19 maggio 2011. Il professor Michael Tsur, durante il suo intervento nell'Aula Pio XI dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Milano, 19 maggio 2011. Il professor Michael Tsur, durante il suo intervento nell'Aula Pio XI dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il 18 e il 19 maggio ha tenuto una serie di conferenze a Milano, una, in particolare, nell'Aula Pio XI dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. «Il mediatore non parteggia né per una parte né per l'altra.  Chiede, chiede con rispetto, sia che abbia a che fare con due ex partner commerciali, sia che stia parlando con il capo di un commando di sequestratori. Bisgona disarticolare l'ego che è una variabile antieconomica prima ancora che antisociale ed eticamente riprovevole quand'è smisurato».

«Yes, ego it's very expensive
», prosegue Michael Tsur. «Oggi si cerca il più possibile di evitare che i contenziosi finiscono in un'aula di Tribunale. Non tutte le dispute devono necessariamente imboccare la via dei processi, una via che ha tempi lunghi e costi alti, due variabili che non piacciono né alle aziende né ai privati cittadini. Si è ormai affermata la figura del mediatore, che ha una sua preparazione specifica acquisita in fior di atenei, ha dei suoi metodi ben testati, e che una cosa sa, innanzitutto: la miglior mediazione  possibile, in caso di crisi, è prevenire la crisi».

Alberto Chiara
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