08/06/2012
Vitali Klitschko (Ansa)
Coniugare sport e politica, mica un’impresa impossibile. Si può, perfino in Ucraina. Un altro match, forse due. Ma non di più. Poi sarà finita per sempre. Una volta c’è cascato pure lui, ed è tornato sul ring ben dopo l’addio (presunto). Stavolta, c’è da scommetterci che non accadrà. Resta da scoprire per quanto ancora andrà avanti: poco, comunque. Vitali Klitschko, pluricampione del mondo dei pesi massimi (attuale detentore della corona Wbc), l’ha detto davanti alle telecamere di TVi, un canale ucraino, manterrà la promessa: «La mia carriera di pugile sta per finire. Farò un altro match, due al massimo». Poi basta. E non per raggiunti limiti d’età, anche se pure quella è ormai avanzata: oltre 40 anni, tanti per un pugile. Il motivo è un altro: passione politica. Un po’ fuori dagli schemi, senza lasciarsi imprigionare da logiche di tradizionali opposti schieramenti.
Il suo orizzonte è una politica nuova, agli antipodi da quella incarnata dall’attuale governo, ben più vicina a quella della Rivoluzione Arancione. Ne fu fiero sostenitore, ai tempi del grande sogno arancione. Non era che un pugile, allora. Famoso, certo. Ma pure sempre solo un pugile, non un uomo politico. Che, però, non esitò a prendere le parti di chi prometteva una nuova stagione politica per l’Ucraina, lontana da corruzione e malaffare. Insieme a Wladimir, il fratello minore (pure lui campione del mondo dei massimi), partecipò a manifestazioni e comizi, una volta salì sul ring con un nastro arancione incollato ai pantaloncini. Un po’ d’anni dopo, tutto sembra cambiato in Ucraina: quella rivoluzione azzerata, la grande speranza di una nuova politica condannata. Klitschko è fiero oppositore del governo, Yulia Tymoshenko ne è la vittima esemplare. Distrutta lei, per avvertirne altri. Un duro colpo all’opposizione e alla libertà. Per Vitali, «non è stata altro che una condanna politica». Lui non ne è compagno di partito, ma non ha lesinato impegno nel tentativo di risolvere nel migliore dei modi il caso Tymoshenko, la “Lady Y” della politica ucraina. Più volte ha invitato il premier Viktor Yanukovich a rilasciare la donna, più volte il suo partito è sceso in piazza in segno di protesta.
Lo stadio di Kiev. (Ansa).
I primi passi, al fianco della Rivoluzione Arancione. Ora gli ultimi (in attesa dei prossimi), in difesa di un simbolo. Il Vitali Klitschko dell’iniziale interesse per la politica e quello che vi è ormai coinvolto da anni. Nel 2006, l’ingresso dalla porta principale, nelle file del blocco politico denominato PORA (Partito per le riforme e l’ordine): slogan nazionalisti, lanciati in lingua russa (Vitali, natali ucraini, ma vita trascorsa tra Germania e Usa, non parlava l’ucraino), e programma che prevedeva l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e lotta senza quartiere alla corruzione. Scarso seguito, pochi voti. Altra storia, mesi dopo. L’obiettivo era diventare sindaco di Kiev, in competizione con Leonid Chernovetskyi: perse la corsa alla poltrona di Primo Cittadino, ma si piazzò secondo, con ben il 26 per cento dei voti (e il suo partito entrò in forze in Consiglio). Due anni dopo, altra sconfitta, stavolta meno onorevole (l’uno per cento contro il 36 del sindaco uscente), malgrado una campagna elettorale in cui si avvalse della consulenza di Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York. La sua contrapposizione con Chernovetskyi rimane tuttora aspra: il campione lo accusa di corruzione e malversazione, il sindaco annuncia reazioni ufficiali ma poi spesso evita telecamere e microfoni.
Un paio di anni fa, il gran salto: dalla visibilità ottenuta a livello locale al tentativo di tuffarsi sulla scena politica nazionale. Fondando un nuovo partito, di cui è il leader: il partito si chiama UDAR (Alleanza Democratica Ucraina per le Riforme), un acronimo che tradotto significa “colpo”, a ricordare la sua straordinaria carriera di pugile. Né destra né sinistra in senso stretto, soprattutto lotta alla corruzione e giustizia sociale (il che fa pendere il partito da un lato ben preciso). Né anti-Russia né pro-Russia in modo chiaro, anche se gli incontri politici (con gli americani McCain e Cardin, uno repubblicano e l’altro democratico, ma entrambi “nemici” di Putin) e gli obiettivi politici (ingresso nella Ue quello principale, rapporti con la Russia importanti ma che vengono comunque dopo) la dicono lunga. Vitali è pronto, il fratello Wladimir vorrebbe affiancarlo. Nel nome della democrazia. E di una nuova politica, perfino in Ucraina.
Ivo Romano
Ivo Romano