10/05/2012
L'assessore alle Politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino.
“Chiediamo al Governo di annullare l’acquisto dei 90 cacciabombardieri F-35 (costo medio 140 milioni l’uno) e di destinare i fondi risparmiati a garanzia dei diritti dei più deboli”. L’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, spiega così la scelta del Comune di Milano di unirsi ad altri 55 enti locali (i Comuni di Palermo, Bari, Firenze, Modena, Cuneo, Novara, Pisa, Vicenza, Piacenza; i Consigli Provinciali di Roma, Padova, Ancona e quelli regionali delle Marche, Toscana, Piemonte ed Emilia Romagna) nel sostenere la campagna “Taglia le ali alle armi!”. Il Comune di Milano contesta che, in tempi di austerità, il ministro Di Paola abbia confermato l’acquisto degli aerei da guerra americani, sebbene il numero di velivoli sia stato ridotto da 131 a 90.
Il costo complessivo dell’operazione, decisa nel 2007, sarà di 13 miliardi di euro, 732 milioni di euro all’anno: 4 volte l’ammontare per il 2011 del Fondo nazionale per le politiche sociali destinato alle Regioni. E ai costi di produzione, andranno poi sommati quelli di mantenimento: si stimano 23.557 dollari per ora di volo. Pertanto, nei prossimi giorni, il sindaco Pisapia indirizzerà una lettera al ministro della Difesa chiedendo di destinare questi soldi per supportare le amministrazioni locali a fronteggiare la crisi; la giunta milanese scriverà anche al commissario antisprechi Bondi denunciando “un vero e proprio spreco di Stato”. Basti pensare che l’annunciata spending review del Governo Monti sarà inferiore alla metà del costo degli aerei da guerra. “Per tutte le auto blu, che pure è giusto tagliare, l’Italia spende in un anno quanto per due caccia”, denuncia Paolo Vignarca, della Rete Disarmo e coordinatore nazionale della campagna.
Proprio una sua inchiesta ha smentito uno degli argomenti che venivano utilizzati per sostenere l’acquisto: “Abbiamo dimostrato che l’Italia potrebbe rescindere il contratto, firmato nel 2007, senza dover pagare alcuna penale. Non a caso, altri Paesi (Gran Bretagna, Giappone, Canada, Olanda, Danimarca, Norvegia) stanno ridiscutendo la decisione”. “L’Italia dovrebbe fare altrettanto. Si tratterebbe di una scelta di buon senso, che interromperebbe un’offesa alla razionalità”, continua Majorino, che esemplifica: “Con il costo di un aereo potremmo costruire dieci centri di eccellenza per disabili, oppure risolvere il problema dell’edilizia scolastica milanese, mentre con due caccia potremmo abbattere tutte le barriere architettoniche della nostra città, oppure acquistare i nuovi treni della metropolitana necessari per Expo 2015”.
In tempi di guerra agli sprechi, in molti si sono esercitati su come utilizzare alternativamente i soldi destinati a quest’acquisto. Se De Magistris ha detto che con due caccia potrebbe restaurare tutte le chiese di Napoli, i promotori della campagna “Taglia le ali alle armi!” stimano che un F-35 equivalga a 32.250 borse di studio per studenti universitari, o a 20 treni per pendolari, oppure a 18.500 ragazzi in servizio civile. Con il solo radar di un caccia si potrebbero produrre 10.000 pannelli solari, mentre con il sistema ottico di puntamento si finanzierebbe la raccolta differenziata in una città di 100.000 abitanti. Sono numeri come questi che hanno spinto più di 70.000 persone a firmare per la campagna e molti enti locali a schierarsi ufficialmente.
“La scelta del Comune restituisce a Milano un ruolo guida nella difesa della pace”, commenta Paolo Ricotti della Acli Provinciali, promotori a livello locale della campagna. “Speriamo sia il primo passo per l’adesione della nostra città al Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace e i diritti umani. Proprio da questa importante realtà, purtroppo, lo scorso anno, è uscita la Provincia di Milano adducendo motivi di bilancio (2000 euro annui) e sostenendo che il tema era estraneo alle sue competenze. Al contrario, come Acli, riteniamo che gli enti locali siano un luogo adatto per promuovere politiche di pace, di diritti e di attenzione alle relazioni personali e alla coesione sociale”. Secondo Ricotti, l’acquisto degli F-35 è particolarmente sbagliato per il contesto storico di crisi, ma soprattutto perché bisognerebbe puntare su politiche di difesa integrate a livello europeo, evitando investimenti nei singoli eserciti nazionali. Infine, le Acli richiamano anche a una scelta “pacifista” in un momento in cui, nonostante la crisi, il giro di affari attorno alle armi continua a crescere. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, infatti, nel 2011 l’Italia è il settimo esportatore mondiale di armamenti e il volume dell’export è in forte crescita, con un +76% rispetto al 2010.
Stefano Pasta