29/06/2012
Foto Ansa. La fotografia di copertina è di Nino Leto.
«Non sarà "spending review", ma "spendi di più"». In questi giorni è in discussione al Senato il disegno di legge delega di revisione dello strumento militare, depositato dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. Il testo si presenta come un valido mezzo per snellire la macchina delle Forze armate e contenere le spese. Ma una rete di associazioni, guidate dalla Tavola della Pace, lancia l'allarme: non ci sarà alcun risparmio reale, anzi, al contrario la spesa pubblica è destinata ad aumentare. Non solo: se approvato, il ddl porterà con sé una serie di conseguenze pesanti. Lo chiarisce Flavio Lotti, coordinatore nazionale Tavola della Pace.
- I tanto discussi cacciabombardieri F-35 passano da 131 a 90, mentre il personale militare in servizio si riduce da 190.000 a 150.000 unità. Sembra che, dopo anni di annunci, qualcosa si stia effettivamente tagliando. Qual è il problema, allora?
«Il problema è che, dichiarazioni propagandistiche a parte, non ci sarà nessun taglio reale. Infatti i risparmi derivati dal contenimento del personale saranno usati per acquistare nuovi sistemi d'arma».
- Quindi il bilancio della Difesa resta invariato?
«Esattamente: il ministro pretende di mantenere inalterato il budget a sua disposizione. E invoca la cosiddetta "flessibilità di bilancio", il che in sostanza significa "voi dateci i soldi, poi decidiamo noi come spenderli". La Tavola della Pace ha calcolato che, nei prossimi 12 anni, le Forze armate costeranno come minimo 230 miliardi di euro (solo nel 2012 si spenderanno 585 milioni per gli F-35, mentre per la lotta alla povertà ne sono stati stanziati 86). Ci sembra una spesa assurda, soprattutto in un momento di grave crisi economica, che sta imponendo a famiglie e comunità sacrifici durissimi».
- Il principio ispiratore del ddl si può riassumere nella formula "meno uomini, più armi". Come valutate questo modello?
«Che il personale vada ridotto lo dicono gli stessi militari. Delle 190.000 persone in servizio nelle Forze armate, solo 40.000 sono effettivamente impegnate in missioni militari. Inoltre abbiamo un altissimo numero di generali e comandanti che, per paradosso, stanno diventando più dei comandati. Ma il fatto è che l'intero modello della difesa andrebbe rivisto. Tagliare sul personale per poi acquistare costosissimi e inutili sistemi d'arma ci sembra una scelta quanto mai sconsiderata. L'Italia è ancora legata a un modello anacronistico, che mantiene in piedi 70 programmi di armamenti, rimasti invariati dal tempo della guerra fredda a oggi. Noi vorremmo un sistema più "leggero", ma soprattutto capace di confrontarsi con le reali priorità del Paese. Prima ancora che una campagna pacifista, la nostra è una campagna per il buon senso».
Flavio Lotti. Foto dell'agenzia Milestone.
- Ma in gioco non ci sono solo questioni economiche. Voi avete
evidenziato alcuni pericoli nascosti nel testo del ddl. Quali sono?
«Il primo dato inquietante riguarda la vendita di armi italiane.
Attualmente le trattative vengono gestite da organismi privati, con un
intervento del Ministero degli Esteri e la supervisione della Presidenza
del Consiglio. Il ddl stravolge completamente questo quadro: il
Ministro della Difesa, che finora poteva agire solo tramite accordi
intergovernativi, viene autorizzato a firmare contratti di vendita di
armi italiane. E' un modo per poter svendere le vecchie armi
dell'Esercito e avere così il pretesto per acquistarne di nuove. Non
solo: nel testo si dice esplicitamente che l'obiettivo è incentivare il made in Italy. Ma siamo sicuri che sia questo il made in Italy da
incentivare? Perché il ministero della Difesa, il cui compito sarebbe
garantire la sicurezza nazionale, chiede di poter intraprendere
operazioni che di fatto vanno contro la sicurezza nazionale? Stiamo
correndo un grave rischio: che il ministero della Difesa diventi partner
sempre più stretto delle industrie produttrici di armi. Vogliamo
denunciare con forza questo intreccio pericoloso».
- Anche in materia di protezione civile sono in arrivo alcune novità...
««Infatti. Il testo stabilisce che, in caso di calamità naturali, gli
interventi di soccorso dell'Esercito debbano essere pagati da chi li
richiede, quindi dai Comuni terremotati o alluvionati o comunque in
condizioni di bisogno. Quello che abbiamo visto accadere a inizio anno
con l'emergenza neve (problema poi risolto solo grazie a un intervento
straordinario della Presidenza del Consiglio) diventerà la norma.
Teniamo in piedi una macchina che ci costa 23 miliardi l'anno, ma che
poi, quando interviene, deve essere pagata con fondi extra: è una
situazione davvero insostenibile».
- Come valutate il fatto che un argomento così delicato come la riforma della Difesa sia affrontato mediante legge delega?
«In questa scelta vediamo la chiara volontà di evitare un dibattito
parlamentare serio. Il confronto fa paura non solo ai militari, ma anche
ad alcune forze politiche, preoccupate dalle reazioni dell'opinione
pubblica. Per questo vorrebbero accorciare i tempi e chiudere i conti in
fretta. Qualcuno ha perfino proposto una sessione serale straordinaria,
come si fa per i provvedimenti di emergenza. E' fondamentale che in
questi giorni la società civile si faccia sentire: nella prima settimana
di luglio dovranno essere presentati gli emendamenti, unico modo per
cambiare un provvedimento iniquo e pericoloso. Bisogna mobilitarsi ora,
prima che sia troppo tardi, e dire con forza che le armi non sono
l'unica soluzione, che bisogna ridare respiro a strumenti fondamentali
come la ricostruzione di una politica estera e la cooperazione
internazionale».
Foto Ansa.
Appello contro il disegno di legge delega di revisione dello strumento militare
Pensiamoci bene!
Vogliono 230 miliardi per le Forze armate
Il
Parlamento sta discutendo il disegno di legge delega di revisione dello
strumento militare presentato dal ministro della Difesa Giampaolo Di
Paola che:
1. aumenta la spesa pubblica;
2. aumenta la spesa per gli armamenti;
3. impegna non meno di 230 miliardi per i prossimi 12 anni a sostegno di un enorme apparato militare;
4. autorizza il Ministero della Difesa a vendere armi italiane nel mondo;
5. taglia il personale e vende le caserme per comperare nuove armi;
6.
stabilisce che in caso di calamità naturali gli interventi di soccorso
dell’esercito dovranno essere pagati da chi li richiede;
7. trasforma le Forze armate in uno strumento da guerre ad alta intensità.
Mentre
s’impongono agli italiani tanti sacrifici, mentre si taglia la spesa
pubblica e la spesa sociale, noi sottoscritti chiediamo al Parlamento di
non approvare questa legge delega e di avviare una seria riforma dello
strumento militare rendendolo compatibile con le possibilità economiche
del Paese e coerente con una nuova idea di sicurezza e una nuova visione
del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo.
Hanno firmato, tra gli altri,
Tavola della pace,
Acli, Libera, Agesci, Cgil, Arci, Articolo 21, Anpi, Cipsi, Focsiv, Pax
Christi, Legambiente, Missione oggi, Cnca, Mani Tese, Cuamm, Intersos, Beati i costruttori di pace.
Lorenzo Montanaro