18/10/2012
Una parte del Camerun sta letteralmente affogando, colpita
da violente inondazioni che dal mese di agosto non danno tregua al Paese
africano. «Una calamità, la più grave degli ultimi 60 anni» l'ha definita il
ministro della Comunicazione Issa Tchiroma Bakary, facendo appello a un
intervento urgente per tamponare l'emergenza e prevenire la diffusione delle
malattie che proliferano in questo tipo di contesto, malaria e colera su tutte.
I cadaveri delle vittime affiorano ogni giorno e il loro numero è ancora
destinato a salire, soprattutto quando sarà possibile raggiungere le zone più
isolate del Nord del Paese, là dove gli aiuti non sono ancora arrivati per
l'inagibilità delle strade e la mancanza di risorse umane ed economiche. Il
paesaggio, descritto da chi ha avuto modo di vederlo con i propri occhi, è
desolante: l'acqua ha sommerso tutto ciò che ha incontrato lungo
la propria strada, case, fattorie, bestiame e l'intervento dell'esercito non è
stato sufficiente a gestire ordinatamente l'evacuazione. Troppo estesa la
superficie interessata, troppo pochi i mezzi a disposizione.
L'agenzia Plan international Cameroon e l'Unfpa (Unitednations population fund) hanno lanciato l'allarme: se da un lato bisogna
continuare a impegnarsi per mettere in salvo quante più vite possibile,
dall'altro è necessario avere la freddezza per mettere a punto un piano
immediato per prevenire i rischi di epidemia da colera e malaria. Il timore
delle infezioni è reale: sono già 3mila le persone ricoverate mandando in tilt
il sistema sanitario dell'intera area e, ovviamente, le categorie maggiormente
a rischio sono i bambini, specialmente quelli con problemi respiratori che nel
Nord del Camerun hanno una notevole incidenza sulla popolazione infantile, e le
donne in gravidanza. I ricoveri che sono stati allestiti qua e là attraverso
l'impiego di tende non sono una soluzione adeguata per garantire standard
minimi di igiene e, soprattutto, gli sfollati sono in numero troppo superiore
rispetto alle dotazioni a disposizione. Da qui, l'esodo.
Alberto Picci