18/10/2012
«La Diocesi di Yagoua, attraverso il Codasc (Coordinamentodelle attività sociali e caritative) sta intervenendo in alcuni comuni rurali
con azioni di prima assistenza e di approvvigionamento di acqua potabile.
Parallelamente sta preparando un piano a medio termine per raggiungere le zone
più isolate segnalate dalle missioni sul posto per i circa 50mila sfollati
ancora residenti nella provincia di Mayo danay, la più toccata da questa
disgrazia». Da una parte c'è il problema della crisi economica mondiale che
indubbiamente influenza negativamente la solidarietà, dall'altra, però, si
assiste all'ormai consueta indifferenza delle grandi potenze politiche e
commerciali internazionali e la ragione è semplice: questa regione del Camerun
non fa notizia, è abitata da gente tranquilla, non mette a rischio delicati
interessi sovranazionali ed è lontana da ambiziosi giochi di potere. In
altre parole, le inondazioni in Camerun sono viste come un problema marginale
nello scacchiere internazionale, per lo più prive di interesse, come se fosse davvero
possibile stilare una graduatoria delle vite che vale la pena salvare.
Rimane il fatto che, ricorda ancora Fabio Mussi, «ci sono
80.000 persone sfollate, di cui almeno 50.000 persone vulnerabili, cioè di età
inferiore ai 15 anni, donne incinte, anziani e malati, che avrebbero bisogno di
un segno di solidarietà concreta per poter riprendere il cammino con le proprie
gambe. E come se non bastasse c'è da segnalare la presenza di elefanti e
ippopotami che hanno dovuto lasciare, sempre a causa delle inondazioni, i loro
luoghi abituali: anche loro, in qualche modo, sono degli sfollati ma in una
situazione critica come questa le loro esigenze può capitare che contrastino
con quelle umane e quando si tratta di alimentazione, beh, animali di quella
stazza hanno facilmente il sopravvento».
Intanto però qualcosa comincia a
muoversi, come nella Comune di Kai Kai dove la Diocesi di Yagoua si è prodigata
per rimettere a disposizione per la prima accoglienza le aule della scuola, per
garantire un
minimo servizio di acqua potabile a circa 3mila sfollati. « Quanto
si è fatto a Kai Kai è solo un primo piccolo interento che ci viene richiesto
anche da altre Comunità e Comuni del territorio diocesano inondato: Daana,
Nouldaina, Bastebe, Gobo, Viri, Maga, Mariam, Logone Birni, ecc. sono alcuni
delle località inondate dove sono installate delle Missioni cattoliche, da
settimane isolate per le strade, e raggiungibili a volte solo con delle
piroghe, o percorrendo lunghi tratti nell’acqua. Certamente è compito
soprattutto dello Stato, ma, con l’esperienza di altre situazioni vissute, è
opportuno poter prevedere un intervento solidale per le popolazioni più
bisognose. E’ con
la speranza in una solidarietà umana e cristiana che gli
operatori della Diocesi affrontano il cammino per permettere alla vita di
riprendere».
Per saperne di più sul progetto, consultare l'allegato
Alberto Picci