18/10/2012
«Ormai sono circa 2 mesi che le
strade sono interrotte e devastate dalla forza delle acque, e l’unico modo per
raggiungere molti villaggi ed abitazioni è la piroga. Questo ha significato il
blocco del commercio, e una grande difficoltà negli spostamenti di persone e
beni. In queste condizioni di precarietà ambientale, parte della popolazione ha
preferito emigrare, temporaneamente o per lungo tempo, in luoghi più sicuri,
abbandonando casa e beni alla mercè della situazione»: il racconto che ci ha
inviato Fabio Mussi della fondazione Pime non lascia spazio all'immaginazione.
Le colture sono andate distrutte, quelle colture la cui raccolta era prevista
proprio per questo periodo e che avrebbe garantito una riserva in vista dei
prossimi mesi: «La perdita del raccolto, e del miglio in particolare, è una
ulteriore aggravante: è facile prevedere che le scorte alimentari delle
famiglie contadine (che corrispondono a circa il 90 % della popolazione)
saranno inferiori al necessario per affrontare la prossima stagione secca. Di
conseguenza è probabile che nei prossimi mesi ci sarà una carestia che colpirà
buona parte delle popolazioni della zona inondata, abitata da circa 350mila
persone».
Allo stato attuale è ancora difficile fare delle stime sul
numero di profughi e anche le istituzioni locali, sul tema, non si sono
sbilanciate. Qualche preoccupazione, però, è inutile negarlo, c'è e la
"fonte" sono le informazioni che cominciano ad arrivare sulle
iscrizioni alle scuole elementari nella zona. « Innanzitutto bisogna tener
presente che, a causa dell’inondazione, circa il 20% delle scuole elementari
non hanno potuto iniziare ancora i
corsi regolari. L’80% delle scuole che hanno iniziato l’anno scolastico il 3
settembre, segnala dati contrastanti ma comprensibili. I complessi
scolastici che si trovano nella zona più gravemente inondata, hanno segnalato una
diminuzione sensibile degli alunni rispetto al 2011, mentre le scuole situate
nelle zone considerate di “accoglienza” segnalano un aumento di alunni
immigrati da altre località alluvionate»: tuttavia è facile capire che un'alta
percentuale dei bambini delle zone alluvionate non andrà a scuola sia perché
raggiungere gli istituti in questo momento è un problema serio, sia perché
l'economia familiare non lo consente. Quello che prima era un sacrificio per un
futuro migliore, ora è un ostacolo per la sopravvivenza nel presente. «Circa il
15% dei bambini che venivano seguiti nelle scuole elementari cattoliche con il
“sostegno a distanza” non si sono presentati all’inizio dell’anno scolastico.
Sono generalmente bambini provenienti da famiglie di contadini o braccianti,
che vivevano con il lavoro giornaliero o con il frutto del raccolto annuale. Da
una prima indagine si è potuto constatare che la maggior parte si è trasferita
in altre zone, mentre per altri si sono perse le tracce. Per loro vi è il
rischio di perdere l’anno scolastico, e a volte di non poter più riprendre la
scuola. Anche con questo dramma, continueremo a seguire tutti i bambini che
potranno frequentare le nostre
scuole».
Alberto Picci