18/10/2011
Lo striscione che ricorda i dieci anni del servizio civile nazionale negli stadi italiani. Qui: all'Olimpico di Roma, prima di Lazio-Parma, domenica 10 aprile 2011 (foto: serviziocivile.gov.it)
Nel 2011 il servizio civile volontario compie dieci anni. Dal 2001, infatti, sono in vigore le norme attuali che hanno sostituito la vecchia legge sull'obiezione di coscienza, emanata nel '72 su impulso dei movimenti pacifisti e antimilitaristi. I tempi in cui il servizio civile era un'alternativa alla naja ormai giacciono riposti nel cassetto dei ricordi. Sono cambiate le regole, sono cambiati i giovani, eppure qualcosa è rimasto costante nel tempo. Oggi come in passato il servizio civile è un'occasione per crescere, per riflettere e confrontarsi con realtà quotidiane a volte molto difficili.
Stefania Demichelis.
Tra i 18.513 volontari attualmente in servizio sul territorio nazionale
c'è Stefania Demichelis, 26 anni, piemontese, che ha deciso di
impegnarsi con il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti. Scelta coraggiosa:
la sua attività si svolge in una casa di accoglienza per malati di Hiv,
molti dei quali hanno alle spalle storie di tossicodipendenza. Stefania
vive gran parte della sua giornata con gli ospiti della casa, cucina
insieme a loro, li aiuta a riordinare le stanze, li segue nel lavoro,
nei momenti di riposo, nelle gite, nei laboratori artistici.
E poi,
affiancata da educatori, medici e psicologi, partecipa alle attività di
supervisione dei percorsi individuali. «Il contatto umano è l'aspetto
fondamentale», racconta. «Ho scelto questo luogo per un bisogno di
andare oltre la superficie, per approfondire e verificare i miei valori.
Il lavoro è duro e ci espone al contatto con la malattia e la
sofferenza, ma io me ne sono innamorata. Non sempre questo succede,
ovviamente, però penso che un'esperienza del genere sia un bagaglio
prezioso per tutti, anche per chi poi sceglie strade diversissime».
Come tanti ragazzi della sua età, Stefania si prepara a entrare nel
mondo del lavoro: «Mi piacerebbe trovare un impiego nel sociale e credo
che questi mesi di Servizio siano stati un buon banco di prova. Però so
che la realtà lavorativa è diversa: qui sono stata seguita da un team
molto affiatato e mi sono sempre sentita libera di esprimere la mia
opinione. Non è detto che questo mi ricapiti in futuro". Di ragazzi come
Stefania il Gruppo Abele avrebbe un gran bisogno, ma ultimamente la
crisi si sente. «Fino al 2005 – spiega Emanuela Olivo, responsabile per
il servizio civile - potevamo contare su 40 ragazzi per anno.
Attualmente ogni bando ci assegna appena 12 volontari, mentre le
richieste sono a volte anche 90: è frustrante dover dire di no a tante
persone motivate».
Paolo Dell'Oca.
C'è anche chi si lancia verso orizzonti lontani,
scegliendo un'esperienza all'estero. Paolo Dell'Oca, milanese, 30 anni e
un grande amore per l'Africa, ha trascorso un anno in Etiopia, seguendo
un progetto della Caritas Ambrosiana. Ha lavorato fianco a fianco col
cappellano di un carcere, vicino ad Addis Abeba. «Ascoltare: questo era
il mio ruolo», racconta. «Stare vicino alle persone, portare un po' di
accoglienza e di spiritualità in un luogo completamente isolato».
Lì,
Paolo ha incontrato gente incarcerata per errore o semplicemente per
povertà. «Ho conosciuto una ragazza diciottenne, che aveva subito
violenza e invece di trovare giustizia era stata arrestata per furto.
Era incinta, ma non aveva denaro per crescere il bambino, che infatti è
stato dato in adozione. Nel ricordare quella storia provo un misto di
sentimenti opposti: da un lato il dolore di una mamma costretta a
separarsi da suo figlio, dall'altro la speranza di chi, come il
cappellano, gli infermieri e le persone della casa di adozione, ha
lavorato per dare al piccolo un futuro migliore».
Finito il servizio
Paolo non si è allontanato dalla Caritas ambrosiana: anzi, è proprio lì
che oggi lavora. Ripensando al suo anno in Etiopia dice: «La ricchezza
di questa esperienza sta tutta nel suo nome: servizio. Il luogo non
conta: in Africa o ad Abbiategrasso lo spirito è lo stesso. Non si
tratta di aggiungere un titolo al curriculum, ma di crescere, prendersi
cura di se stessi e degli altri, credere nei propri sogni e dare spazio a
uno sguardo nuovo».
Lorenzo Montanaro
A cura di Alberto Chiara