Torino, polemiche e accoglienza

In Val Sangone, una borgata di Forno di Coazze (con appena 27 abitanti residenti) ospita da giorni 31 profughi africani, scappati da conflitti etnici, politici e religiosi.

In tutto il Piemonte, oltre 500 profughi. Chi fa e chi no.

22/05/2011
Una parte dei 31 profughi africani ospitati nella casa della parrocchia di Forno di Coazze, in alta Val Sangone. In totale, al 16 maggio 2011, gli arrivi in Piemonte erano 502 (foto: Paolo Siccardi/Sync)..
Una parte dei 31 profughi africani ospitati nella casa della parrocchia di Forno di Coazze, in alta Val Sangone. In totale, al 16 maggio 2011, gli arrivi in Piemonte erano 502 (foto: Paolo Siccardi/Sync)..

«Ne sono arrivati 502, ma potrebbero giungerne fino a 832, stando alle "quote" concordate tra ministero degli Interni e Regioni. Nel caso in cui l'esodo dall'Africa aumentasse di molto, il Piemonte raddoppierebbe l'accoglienza, ospitando sul suo territorio fino a 1.664 profughi. La Chiesa è in prima fila nell'aiutarli mobilitando le risorse che ha, sia umane che materiali; non siamo soli, fortunatamente. Diciamo, comunque, che, in quanto a coordinamento, si può e si deve migliorare». Don Fredo Olivero è il direttore regionale dell'Ufficio per la pastorale dei migranti.  Racconta a Famigliacristiana.it le ultime travagliate settimane. Fornisce cifre precise. Ragiona su cosa è stato fatto. E su cosa rimane da fare.



Don Fredo Olivero, direttore regionale dell'Ufficio per la pastorale dei migranti (foto: Paolo  Siccardi/Sync).
Don Fredo Olivero, direttore regionale dell'Ufficio per la pastorale dei migranti (foto: Paolo Siccardi/Sync).

«Le notizie sui continui sbarchi a Lampedusa hanno segnato l'intero inverno», esordisce don Fredo Olivero. «Stimolati dai Vescovi, le comunità cattoliche del Piemonte, come quelle delle altre regioni italiane, hanno dato immediata disponibilità. Dopo un primo gruppo giunto prima di Pasqua (circa duecento cittadini tunisini muniti di permesso di soggiorno temporaneo, migranti economici che in buona parte sono già partiti per altre destinazioni nazionali ed internazionali), nei primi dieci giorni di maggio si sono registrati gli arrivi più consistenti formati in gran parte da persone di origine africana, anche sub sahariana, con le caratteristiche per richiedere asilo o per ottenere il sostegno umanitario. La gestione locale di questo flusso migratorio è stato affidato alle Regioni sotto il coordinamento della Protezione civile nazionale e locale. Alle ore 12 del 16 maggio, per essere precisi, stando ai dati ufficiali risultavano essere presenti in Piemonte 502 profughi, 415 maschi e 87 femmine».

Alcuni dei 31 africani scappati da conflitti etnici, politici e religiosi, oggi ospitati a Forno di Coazze, in alta Val Sangone, in provincia di Torino (foto: Paolo Siccardi/Sync)
Alcuni dei 31 africani scappati da conflitti etnici, politici e religiosi, oggi ospitati a Forno di Coazze, in alta Val Sangone, in provincia di Torino (foto: Paolo Siccardi/Sync)

«Le Caritas diocesane e la pastorale dei Migranti della nostra Regione si sono incontrate giovedì 5 maggio per definire la strategia di intervento e di collaborazione con le istituzioni», prosegue don Fredo Olivero. «Le risorse disponibili sono state suddivise in due tipologie. La prima comprende le strutture di pronto intervento, che hanno la possibilità di accogliere - per alcuni mesi - gruppi medi di migranti provenienti dai centri dell'Italia meridionale. Durante tale lasso di tempo gli operatori s'impegnano a capire le necessità delle persone,  soprattutto dei richiedenti asilo, attivando le procedure necessarie e definendo un progetto di inserimento territoriale (lavoro, casa, autonomia personale) in luoghi diversi e meglio idonei, sparsi su tutto il territorio regionale». 

Don Fredo Olivero controlla il dossier. «I circa duecento posti complessivi offerti dal Sermig di Torino, dal Cottolengo di Lemie, dalla parrocchia di Forno di Coazze, dalla Caritas di Asti e da un ente ecclesiale nella sede di Racconigi sono pressoché saturati. Esistono strutture analoghe, come il centro Fenoglio di Settimo Torinese gestito dalla Croce rossa italiana, ma sarebbe stato apprezzabile, politicamente significativo e umanamente rilevante se anche le amministrazioni locali, parlo in primo luogo dei Comuni che so per certo esser stati consultati, avessero dato analoga disponibilità». 


Don Fredo Olivero, direttore regionale dell'Ufficio regionale piemontese per la pastorale dei migranti (foto: Paolo Siccardi/Sync).
Don Fredo Olivero, direttore regionale dell'Ufficio regionale piemontese per la pastorale dei migranti (foto: Paolo Siccardi/Sync).

«La seconda tipologia», spiega ancora don Fredo Olivero, «riguarda i luoghi in cui i migranti, inseriti in un progetto ad hoc, vengono trasferiti in piccoli gruppi per un tempo medio lungo, alla ricerca di una sistemazione definitiva circa il lavoro e l'abitazione. Si tratta di cercare posti negli ostelli gestiti dalle varie Caritas diocesane, ma anche in alloggi messi a disposizione da famiglie, parrocchie, congregazioni religiose disponibili; il tutto in modo scaglionato a partire dalla seconda metà di maggio». 

«L’esperienza pregressa», precisa don Olivero,  «ha suggerito di destinare le risorse adatte alla seconda accoglienza esclusivamente a chi chiede asilo politico (detto per inciso: i 502 profughi giunti fin qui in Piemonte, l'hanno fatto tutti; dovrebbero ricevere a giorni il permesso di soggiorno temporaneo in attesa che la loro situazione venga definita). Senza questo polmone, infatti, si ritiene non possa essere realisticamente affrontata la sfida di integrazione. Anzi, si rischierebbe di creare solo luoghi di parcheggio incapaci di dare futuro alle necessità dei migranti e serenità alla popolazione locale». 


Due dei 31 profughi africani oggi a Forno di Coazze; hanno tutti chiesto asilo politico (foto: Paolo Siccardi/Sync).
Due dei 31 profughi africani oggi a Forno di Coazze; hanno tutti chiesto asilo politico (foto: Paolo Siccardi/Sync).

«Il coordinamento sarà affidato al tavolo regionale «Non Solo Asilo», nato nel 2008 - su iniziativa della Pastorale per i migranti, del mondo delle associazioni e di alcune istituzioni - come tentativo di sostegno ai richiedenti asilo che non riescono ad entrare nei programmi nazionali loro dedicati», continua don Fredo Olivero. «In anni di lavoro, questo tavolo è riuscito ad inserire circa 200 persone in 25 zone diverse della regione. Per effetto di tale scelta il tavolo in oggetto sarà l’unico autorizzato a proporre alle singole diocesi possibili inserimenti di migranti inseriti nel progetto. Gli inserimenti della prima accoglienza, invece, sono coordinati con la Protezione civile regionale. Le varie disponibilità offerte, tra gli altri, anche dalle parrocchie e dalle famiglie verranno vagliate e su di esse verrà formulata una proposta da verificare con chi offre disponibilità, per valutarne i tempi, i modi, i costi (non necessariamente è richiesta l’assoluta gratuità), gli impegni. Va ribadito che la seconda accoglienza sarà sempre inserita all’interno di un progetto che prevede adeguato tutoraggio dei soggetti: non getteremo i pesi sulle spalle dei donatori lasciandoli soli. Servono ancora disponibilità di piccoli alloggi o opportunità abitative per tempi medio lunghi (da dieci mesi a due anni). Possono essere segnalati alle Caritas Diocesane o agli Uffici di pastorale dei migranti delle singole Diocesi». 



La sede della Giunta regionale del Piemonte, in piazza Castello, a Torino. La Giunta è presieduta dal leghista Roberto Cota (foto: Paolo Siccardi/Sync)..
La sede della Giunta regionale del Piemonte, in piazza Castello, a Torino. La Giunta è presieduta dal leghista Roberto Cota (foto: Paolo Siccardi/Sync)..

«Il cammino dell’accoglienza sarà, dunque, unitario per tutte le diciassette Chiese del Piemonte e della Valle d'Aosta», conclude don Fredo Olivero. «Un segno concreto di comunione che porterà una sola voce, un solo cuore, un solo modo di operare nel servizio. Perché tale cammino – reso complesso dai numeri elevati di persone da sostenere - possa avere il miglior successo possibile in termini di qualità si rende necessario che la Regione Piemonte provveda a coltivare il coordinamento appena partito, la sinergia e il coinvolgimento attivo degli enti territoriali (Prefetture, Province, Comuni). Parimenti importante provvedere in tempi brevi al rinnovamento del protocollo regionale sull’assistenza sanitaria a questi migranti e instaurare un dialogo serrato per disegnare scenari e azioni da mettere in campo con il 2012, quando saranno terminati i fondi economici nazionali stanziati per la gestione dell’emergenza».

Alberto Chiara
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