03/03/2013
Nel 2011 i lavoratori migranti hanno rimandato alle famiglie nel Paese d'origine 372 miliardi di dollari: il 12% in più dell'anno precedente, secondo i dati forniti dalla Banca mondiale. Nello stesso arco di tempo, le rimesse partite dall'Italia sono tornate ad aumentare
toccando quota 7,4 miliardi di euro.
Due premesse sono necessarie: da un lato
stiamo parlando di un capitale superiore agli investimenti allo sviluppo
pubblico che i Paesi industrializzati operano nei confronti dei Paesi in via di
sviluppo, dall'altro consente di alzare significativamente la percentuale di
famiglie che riescono a uscire dalla fascia di povertà raggiungendo livelli di
benessere relativo altrimenti impensabili. È facile intuire che l'impatto delle
rimesse in termini di welfare sociale sia davvero straordinario soprattutto per
la loro natura personale e svincolata da logiche finanziarie nazionali e
sovranazionali.
A livello internazionale oggi ci si chiede come incentivare e
rendere più proficua l'efficacia delle rimesse verso i Paesi d'origine:
interrogativo la cui risposta non può ovviamente prescindere
dall'individuazione e dalla scelta dei
migliori interventi in termini politici
e normativi.
Favorire il fenomeno delle rimesse, infatti, può significare, ad esempio, abbassare le tassazioni sulle transazioni economiche o sostenere la bancarizzazione e le transazioni tramite circuiti bancari per evitare percorsi "informali" che rischiano di sconfinare nell'illegalità.
Altro discorso è ragionare sulla gestione della rimessa, tanto da parte del migrante quanto da parte di chi la riceve: una deviazione che spesso si instaura riguarda l'incremento di processi di consumo da parte delle famiglie recipienti che non si rivelano sempre tesi al soddisfacimento di bisogni essenziali o al perseguimento di un'autonomia economica tramite piccole forme di investimento. Anzi. Al contrario, le rimesse possono generare atteggiamenti che sfumano verso forme di consumismo accessorio: la conseguenza diretta è soltanto un miglioramento dello status sociale della famiglia all'interno della comunità in cui vive e non una risposta concreta alle esigenze familiari.
Si tratta dunque di creare un'
educazione finanziaria al risparmio: «Chi riceve le rimesse - spiega
Alessandro Baldo, responsabile del programa internazionale "Migrazioni per lo sviluppo" di Soleterre Onlus - deve abituarsi a considerarle non come l'unica fonte di sostentamento ma come una forma di investimento per aumentare le possibilità di autosostenibilità della famiglia».
Alberto Picci