03/03/2013
Ma cosa lega il migrante alla
rimessa? «In primis, l'"obbligo" psicologico ha innanzitutto una
radice assai concreta: consiste infatti nella soluzione di un debito, interessi salati inclusi, contratto nel Paese d'origine al fine di poter partire. Pur sapendo di
generalizzare, va detto che ci sono notevoli differenze sulla base dei
percorsi e delle modalità delle migrazioni». In altre parole, sono diversi gli
atteggiamenti dei migranti a seconda della provenienza: l'approccio di una
donna matura ucraina non può essere lo stesso di un giovane sudamericano o di
un uomo adulto marocchino.
«A questo si aggiunge, ovviamente, l'aspetto emotivo
ed emozionale: il migrante percepisce se stesso come responsabile dei destini
della famiglia di provenienza e, dunque, oggetto di grosse aspettative.
Soprattutto tra le donne e le mamme migranti è molto forte il senso di colpa
per aver abbandonato i figli, il peso dell'assenza. Ma non solo. «Il debito
morale può essere accentuato dai "tutori" dei figli nel Paese
d'origine che, in qualche modo, si abituano a vedere il familiare migrante come
un generatore di reddito, creando un circolo vizioso di "dipendenza"
che è alla base del ricatto come emerge da alcune storie di ricongiungimento
familiare che abbiamo seguito». I tutori rappresentano in alcuni casi il vero
grande ostacolo al ricongiungimento perché si trovano a perdere la principale
se non l'unica fonte di ricavo per la famiglia: senza i "protetti" si
teme che le rimesse diminuiscano o finiscano del tutto.
La storicità del flusso
migratorio incide sulle caratteristiche della gestione delle rimesse: tra una
terza e una prima generazione migrante c'è un abisso di differenze. «Porto
l'esempio della migrazione ucraina: essendo alla prima vera "ondata"
si sente ancora forte la necessità di risparmiare per poter mandare alla
famiglia d'origine quanti più soldi possibile. Si tratta per lo più di donne
davvero pronte a sacrificare molto del loro benessere in Italia in nome della
famiglia: sono quelle che accettano con maggiore facilità e addirittura cercano
lavori in co-residenza, i più faticosi fisicamente e stressanti
psicologicamente, perché la loro ambizione rimane il ricongiungimento in
Ucraina.
Differente il caso della migrazione marocchina, ormai radicata e
integrata nel tessuto sociale italiano: le famiglie si sono per lo più
ricongiunte e le rimesse sono più un aiuto volontario a qualche parente ancora
lontano e non una necessità a tutti i costi».
Diverso ancora il caso di El
Salvador: i soggetti migranti sono spesso molto giovani, eppure già con una
famiglia loro, e cercano una dimensione che consenta il ricongiungimento a
figli e mariti in Italia. Cioè, i sudamericani in generale hanno la tendenza a
investire anche in Italia parte dei risparmi.
È evidente che ci sono
anche ragioni
puramente geografiche: per una migrante ucraina è indubbiamente più facile
anche solo pensare ritorni periodici nel Paese d'origine così da tenere vivo il
legame affettivo. C'è anche un aspetto anagrafico da non sottovalutare: le
migranti ucraine sono prevalentemente donne over 40 con figli che cercano di
mantenere negli studi anche all'università e talvolta hanno già nipoti. La loro
prospettiva è sicuramente diversa da quella delle donne latinoamericane, molto
giovani, che lasciano figli piccoli nel Paese d'origine.
Alberto Picci