Oltre la buona volontà

Importata dagli Usa, si fa largo in Italia la cultura della filantropia strategica. Che cosa sia e come funzioni lo abbiamo chiesto a Tiziano Tazzi, presidente Fondazione Lang Italia

Parola d'ordine: ottimizzare

29/01/2013

Un aiuto per spendere al meglio i fondi disponibili per iniziative benefiche: questo è, in sostanza, la filantropia strategica, cioè un salto di qualità, sia nella mentalità sia nell'efficacia, necessario affinché le organizzazioni non sperperino risorse umane ed economiche proprio là dove non ce lo si può permettere. Un vero e proprio metodo, dunque, di cui abbiamo parlato con il professor Tiziano Tazzi, presidente di Fondazione Lang Italia. «Mi rendo conto che l'ottimizzazione sia di per sé un concetto banale, ma l'esperienza ci insegna come non sia facile da raggiungere nella complessa e variegata realtà delle "charity"».


Quali logiche ci sono alla base della filantropia strategica? 
«Il problema fondamentale è che spesso ci si fa "condizionare" dalle emergenze, un condizionamento che toglie lucidità a una visione più lungimirante. Il sociale, invece, a nostro avviso, andrebbe analizzato come un'azienda in difficoltà che necessita di essere risanata. E qui mi ricollego all'altro tema su cui si basa l'approccio che noi proponiamo: attraverso analisi accurate bisogna riuscire a tirare fuori il meglio e far incontrare su terreni comuni seguendo ottiche condivise gli obiettivi del mondo profit con quelli non profit».

Come si può riuscire in questa "impresa"? 
«Da un lato vanno ripensati aspetti come il posizionamento e il piano commerciale mettendo a punto una strategia di medio-lungo periodo che sia in grado di ri-orientare e rilanciare l'attività; dall'altro, si devono attuare le iniziative per tenere viva "l'azienda" nella sua quotidianità, fatta anche e soprattutto di stipendi e affitti da pagare con regolarità e attività da portare avanti. In pratica, serve trovare l'equilibrio ideale tra l'oggi e il domani, senza che nessuno dei due aspetti prevalga in modo preponderante».

Il non profit non rischia in questo modo di schiacciarsi troppo sulle posizioni del profit?
«Se questo significa trovare un sistema che concili l'emergenza dell'intervento concreto e improrogabile per risolvere un problema e l'esigenza di programmare gli investimenti futuri per evitare che quel problema che ha creato l'emergenza si ripeta, allora sì, le due realtà si devono "assomigliare". Non può mancare nel sociale una visione che "tamponi" le conseguenze più stringenti di un problema ma programmi un intervento per la soluzione delle cause che l'hanno provocato».

Quali sono, secondo la vostra esperienza, le difficoltà maggiori del non profit ad adattarsi a queste strategie?
«È difficile generalizzare ma indubbiamente capita spesso di registrare, a dispetto di tutta la buona volontà possibile, una ridotta capacità di ascolto delle reali esigenze dei beneficiari finali di un progetto. In altre parole, non sempre si valuta con la dovuta attenzione l'impatto concreto di un intervento: è qui che la filantropia strategica si esprime al meglio, "ricordando" la possibilità di utilizzare preventivamente strumenti di misurazione delle conseguenze complessive di un'azione sociale».

Ci fa un esempio concreto?
«Pensiamo al caso frequente di un'organizzazione italiana che chiede fondi per la realizzazione di un pozzo per l'acqua in Africa: riceve 100 e trasferisce 70 nel progetto e 30 per coprire i costi di struttura interni. Viene solitamente e a torto considerata meno efficiente di un'altra organizzazione che, a parità di condizioni, investe 80 nel progetto e 20 per le spese interne. Ancora in pochi si preoccupano di capire se quella che ha investito meno fondi nel progetto ha invece scelto i macchinari più funzionali o studiato i procedimenti produttivi più efficaci: per esempio, la prima organizzazione potrebbe essere riuscita, investendo di meno nel progetto e di più nell'organizzazione, a realizzare un pozzo da cui estrarre 500 litri di acqua, contro i 400 della "concorrente" rispondendo meglio alle esigenze. Ecco, l'efficienza di utilizzo dei fondi viene raramente analizzata come indice significativo della buona riuscita di un intervento. La filantropia strategica serve anche a sopperire a questa scarsa capacità di valutazione, partendo dal presupposto che esistono situazioni complesse in cui è davvero difficile misurare l'efficienza».

E l'impatto sui beneficiari secondo il suo esempio come si verifica? 

«Se l'acqua necessaria a irrigare i campi di entrambi i progetti fosse di 600 litri, entrambi avrebbero fallito. La difficoltà di chi opera nel sociale è che, a differenza di quello che accade in altri settori, il beneficiario finale non è chi paga: capire se si sono soddisfatte le sue esigenze, a maggior ragione, diventa essenziale. Per esempio, per valutare il raggiungimento dell'obiettivo, la filantropia strategica utilizza le interviste con i beneficiari finali. Ricordo un aneddoto di qualche anno fa, quando ancora non mi occupavo della Fondazione, che credo chiarisca bene ciò che intendo dire: un amico, frate missionario, mi ha confidato che tra le difficoltà maggiori del suo impegno c'era la gestione dei volontari. O meglio, dei volontari così sicuri, sia chiaro in buona fede, di sapere che cosa fosse il bene per gli altri».

Quali sono gli obiettivi della Fondazione Centro Lang?
«In generale ci proponiamo di diffondere in Italia questo tipo di approccio e di cultura che, paradossalmente, in molti casi non è conosciuto da chi sarebbe più direttamente interessato. Nello specifico crediamo fortemente nel metodo che abbiamo messo a punto attraverso il quale da un lato siamo in grado di verificare la coerenza tra gli obiettivi dell'intervento sociale e le caratteristiche dell'organizzazione che li deve realizzare; dall'altro, facciamo in modo che il filantropo interessato a investire fondi in progetti umanitari possa scegliere dove "indirizzarsi", non solo basandosi sul proprio istinto, ma vagliando quegli interventi che ad esempio sono più o meno orientati a rimuovere le cause di un problema o quelli che servano a tamponare un'emergenza piuttosto che a iniziare un percorso più duraturo».

Alberto Picci
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati