Rwanda, la rinascita dopo i massacri

Messe alle spalle, seppur non dimenticate le guerre civili, il Paese africano prova a ripartire dalla scuola, dall'agricoltura e dalle case. Ecco cosa ha visto il relatore speciale Onu.

Riforma agraria: la terra per tutti

21/07/2012

Il momento di svolta è stato il 2005 quando una nuova legge ha tentato di risolvere equamente dispute per la terra che si trascinavano da anni in linea con un'economia di mercato più aperta e moderna. I punti chiave della disciplina hanno reso obbligatoria la registrazione presso il catasto dei terreni di proprietà e la loro titolazione titolazione così da iniziare un processo di ricomposizione fondiaria. Obiettivo numero uno: tutelare la sicurezza del possesso, riconoscendo parità di diritti in tema di proprietà a uomini e donne. per incentivare in qualche modo i piccoli agricoltori, è stato anche deciso che coloro che possiedono meno di due ettari di terreno siano esantati dalla tassa specifica. Di sicuro, la riforma non è bastata: le cause e le controversie per la terra costituiscono la stragrande maggioranza dei casi di cui sono investiti i tribunali. Questo anche a causa di qualche difetto di chiarezza della legge stessa che molti cittadini oggetto di sondaggi hanno dichiarato di non capire. I tempi per presentare gli incartamenti sono il crucio principale della giustizia ruandese: troppo stretti rispetto alla complessità del fenomeno. Un altro tentativo della riforma ha previsto una procedura che "metta insieme i piccoli appezzamenti di terreno al fine di gestirli e utilizzarli in modo più uniforme, efficiente e dunque produttivo": tutto questo, ovviamente, lasciando ai proprietari la disponibilità di tutti i diritti sulle rispettive terre. Il rischio più grande nell'intraprendere questo genere di politica è però che questo "consolidamento" dei terreni attiri irresistibilmente le grandi aziende agroalimentari, con la realistica conseguenza della costituzione di latifondi nelle zone rurali e un incremento della migrazione dei piccoli contadini verso le città più grandi. In Rwanda, non va dimenticato, le dimensioni delle proprietà terriere sono mediamente inferiori a un ettaro: un sistema di questo genere potrbbe sottoporli a pressioni del mercato eccessive. La strada migliore da seguire, a detta della Rolnik, sarebbe piuttosto quella di far sì che l'agricoltura sia per i contadini innazitutto una forma di sussistenza familiare evitando di renderli vittime della monocoltura. Anche in questo caso, infatti, la ricomposizione fondiaria deve essere una possibilità e non un obbligo o, peggio, una coercizione.


In conclusione, quello che ne esce, è il ritratto di un Paese che sicuramente ha fatto degli sforzi ma deve farni ben di più per uscire da prese di posizione e proposte socio-economiche equivoche o facilmente equivocabili: magari coinvolgendo le organizzazioni impegnate in prima fila nelle battaglie per il diritto all'alloggio e alla terra in un'ottica di responsabilità e sostenibilità. Organizzazioni che, va detto, secondo la Rolnik godono però di una libertà sufficiente e sicura di prendere le proprie posizioni contro le decisioni del Governo.

Alberto Picci
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