Tutti sul pero per salvare la scuola

È quello che è successo all'Istituto Calvi di Finale Emilia, seriamente danneggiato dal terremoto: il Cefa ha dato il suo contributo organizzando campi di lavoro.

Il nostro segreto: fondere le diversità

11/09/2012

«Sono rientrato per un paio di giorni dal campo di Finale presso l'istituto Calvi vi invio questo breve commento per un primo bilancio di questi giorni che giudico estremamente positivi sia per il lavoro svolto che per i rapporti umani instauratisi con i volontari, con il personale dell'Istituto e con la gente del luogo. Siamo riusciti a dare alla nostra presenza un significato che credo vada oltre il lavoro svolto in questi giorni con il gruppo che ha partecipato al campo, in quanto pur provenendo da varie Regioni, da esperienze diverse, con diverse motivazioni, con età dei partecipanti dagli 18 ai 56 anni, tutti insieme abbiamo saputo fondere queste diversità in un unico grande impegno fatto di organizzazione e di spirito di squadra: è così che abbiamo contribuito alla riuscita del progetto, come ci è stato riconosciuto sia dai docenti e dal personale dell'Istituto Calvi sia dai rappresentanti della Amministrazione Comunale che abbiamo incontrato.

Il nostro lavoro si è svolto nei primi giorni nella attività di campagna con la legatura delle vite dell'impianto sperimentale, con la zappatura delle erbe infestanti del meleto fino allo smontaggio di alcune serre per far posto ai prefabbricati delle aule che sostituiranno provvisoriamente quelle danneggiate dal sisma. Infine abbiamo iniziato la raccolta delle pere. Nel fine settimana il gruppo ha potuto visitare alcuni paesi danneggiati dal terremoto rendendosi conto della vastità dei danni riportati alle strutture pubbliche, alle aree industriali, ai centri storici, alle abitazioni. Una cosa ci ha colpito ed è il silenzio nei centri storici deserti, quei luoghi che rappresentavano il centro motore della vita quotidiana, che scandiva i ritmi, che rappresentavano la storia e la tradizione della gente del luogo, dove si svolgeva la vita amministrativa, sono in molti casi transennati con il divieto assoluto di risiedervi, con le attività commerciali spostate in altri luoghi dentro prefabbricati.

Ma la vita continua
, lo si vede dai molti cartelli delle attività economiche appesi alle recinzioni che delimitano i centri storici, un chiaro segnale della volontà di andare avanti e di superare questo momento. La gente di Finale che abita nelle vicinanze dell'Istituto, dopo qualche giorno, vedendoci transitare lungo la via che porta al campo della Protezione Civile, ci ha chiesto chi fossimo e cosa facessimo: così abbiamo iniziato a scambiarci rapide considerazioni sulla situazione che stavano vivendo e ci ringraziavano per il nostro impegno. Ora da mercoledì si riprenderà con un altro gruppo, sono convinto che anche questi volontari sapranno distinguersi per impegno è volontà. Un saluto a tutti voi e a presto».


Ermilio

«Siamo giunti alla fase finale del progetto, quella parte che di solito è riservata ai bilanci delle attività, ai ringraziamenti e alle valutazioni su eventuali nuovi progetti per l'anno futuro. Anche questa settimana è trascorsa non senza emozioni e fatica, elementi questi che hanno contradistinto tutto il periodo che i volontari hanno trascorso a Finale. Emozione è quando trascorri giornate di lavoro accanto a detenuti in regime di semi libertà che faticano con te, condividono con te il pranzo e tu hai l'occasione di ascoltare le loro storie di immigrati, di carcerati. Racconti emotivamente forti, che non leggi sui giornali e spiegano come poche “ore d'aria” diano speranza e gioia di vivere, voglia di riprendersi il tempo perduto.

Capisci come l'integrazione sia una parola facile da scrivere e leggere ma difficile da praticare anche da chi la professa come metodo di civiltà. Forse questa difficoltà non sta solo da una parte, come diceva Hambi con parole semplici e guardandomi fisso negli occhi: anche da parte nostra dobbiamo fare uno sforzo maggiore. Con Hussain, Hambi, Abdelmijd abbiamo condiviso queste giornate, il loro e il nostro cibo, abbiamo intrecciato le nostre storie, le speranze comuni verso una società civile, tollerante e multietnica. Mi rendo conto, senza scivolare nella retorica, che tanti piccoli episodi come questi, intrecciandosi e moltiplicandosi, possono diventare patrimonio di tutti: sono semi che daranno un giorno un grande frutto che si chiama integrazione. Oggi come ieri, mentre facevo il viaggio di ritorno, provo una forte emozione a ricordare quei momenti, le lunghe giornate trascorse al Calvi, le persone che si sono alternate nelle settimane nei lavori della campagna calda e polverosa, i volti di ragazzi e ragazze che rinunciando a svago e relax hanno preferito dedicare parte di loro a questa gente e a questa terra, sicuramente un piccolo sacrificio ma vissuto con grande impegno, capacità e professionalità. Voglio ringraziare il Prof. Vancini responsabile dell'Azienda Agricola, e Sonia responsabile dell'attività della raccolta delle pere, per la loro capacità organizzativa e per aver creduto in noi dandoci sostegno nei momenti più duri, a Loris instancabile e sempre presente che ci ha assistito nella organizzazione delle varie fasi del campo, a Gianluca che ci ha accolto e messo a disposizione  il “ pensatoio” luogo aggregante e ristoratore delle fatiche quotidiane, Luca “trattorista” instancabile, Alessandro dal grande sorriso, giovani studenti del Calvi, Leo e Pino “insegnati lavoratori”, la Preside e il Vice che hanna avuto per tutti noi sempre parole di sostegno, a tutto il personale del Calvi che è stato presente  sempre dandoci tutto ciò di cui avevamo bisogno.

E poi le persone che con me hanno condiviso questo lungo periodo iniziando dai più giovani:  Eric, studente milanese adattatosi molto bene alla vita di campagna; Silvia e Giulia, bergamasche gioiose e spensierate che hanno condiviso studio  e lavoro; Luca, diciasettenne instancabile e sempre attivo; Elena, piemontese tosta e poi Chiara, ferrarese che spero sia riuscita a trovare ciò che cercava in questa esperienza; Marco, varesino “privilegiato” unico con tenda e materasso maxi; Elisa, avvocato di Foligno, unica ad aver fatto il bis di “pere”; Ilaria, futura architetto di Torino dal grande sorriso e anch'essa infaticabile.

Ma ricordo anche Federico, Giovanni, Andrea che riproponendo tra i filari di pere le parodie degli "arditi su marte“ ci hanno regalato ilarità e siparietti comici esilaranti; Cecila, mite e dolce coordinatrice; Nicola, orologiaio prestato all'agricoltura e fotografo dall'obiettivo attento nel mettere a fuoco i particolari; Sara, lavoratrice e studente universitaria impegnata sempre a migliorarsi; Raimondo, artista sognatore girovago sempre alla ricerca dell'anima e della ” perfezione”; Elena, animatrice, concreta e gioviale; Francesco “Mongi” guerriero di pace Balcanico, Cristina dal bel sorriso parlante, e poi lui il mitico Michele Cattani ideatore del progetto CEFA lupo africano approdato tra i filari di Finale in una settimana di fine estate a traguardare nuovi orrizonti e progetti. Un grazie a Massimo Bonfatti di Mondo in Cammino che ha cooperato a questa iniziativa e al CEFA per avermi consentito di fare questa esperienza.Infine grazie alla mia famiglia per il sacrificio di aver rinunciato alla mia presenza in casa e di avermi sostenuto in questa mia scelta».


Ermilio

Alberto Picci
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