02/05/2012
L'Auser nazionale ha appena pubblicato il V rapporto su Enti
locali e Terzo settore per inquadrare i cambiamenti del Welfare in Italia. La
prima considerazione che si evince dai dati è che il settore pubblico è
costretto a fare un passo indietro, forse due. E proprio per questo il Terzo
settore, in tutte le sue forme, diventa strumento indispensabile nella gestione
dei servizi alla persona. In un'ottica di esternalizzazioni, la percentuale dei
servizi sociali gestiti direttamente dai Comuni cala complessivamente al 42%:
nel Nord-Ovest, addirittura, la riduzione arriva fino al 24,2%, mentre al Sud
si arriva a quota 54%. In aumento, invece, le convenzioni con il volontariato.
Il problema che si pone, a questo proposito, è cercare di inquadrare meglio dal
punto di vista normativo i ricorsi al Terzo settore che non può e non deve
essere la ruota di scorta di un sistema solo perché costa meno. Gli ultimi dati
raccolti, infatti, raccontano proprio questa verità: un'indagine sui bandi di
concorso e capitolati d'appalto, indetti da Comuni da ottobre 2011 a marzo 2012,
parlano di un'erogazione di prestazioni sociali mediante contratti atipici.
Ulteriore testimonianza della piega che sta
prendendo il Welfare italiano sono i buoni lavoro, nella forma del lavoro
accessorio. Negli ultimi due anni sono cresciuti esponenzialmente al punto che
può essere ormai considerata la modalità prevalente di reclutamento del
personale: accessorio un bel niente, dunque, perché più che integrare un
servizio, lo si sostituisce. Il Rapporto dell'Auser ha preso in esame 216
procedure di assunzione:bene, solo 34 hanno previsto assunzioni a tempo
indeterminati, 56 contratti a tempo determinato, 48 collaborazioni a progetto,
coordinate e continuative, ben 78 contratti di collaborazione occasionale con
erogazione di voucher proposti.
Alberto Picci