09/02/2011
Dal nostro inviato.
Dakar, Senegal
La rete internazionale della Caritas e le commissioni Giustizia e pace di molte conferenze episcopali hanno contribuito fin dall’inizio ai lavori del Social Forum Mondiale. Lo slogan “Un altro mondo è possibile” è anche una bella sintesi dell’impegno dei cristiani sulla base degli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. A Dakar Caritas internazionalis ha puntato l’attenzione sulle migrazioni e sui cambiamenti climatici che ormai provocano ondate di nuovi rifugiati, con cui il pianeta dovrà fare i conti: 200 milioni di gente che emigra a causa dei cambiamenti climatici previsti entro il 2050. Nel 2008 sono stati 20 milioni. Le previsioni avvicano che numero dei rifugiati “climatici” (o “ambientali”), adesso pari al 10% del totale, supererà quello dei rifugiati per guerre o violazioni dei diritti umani. Sono 2 miliardi le persone a rischio perché dipendono da ecosistemi fragili. Le cifre le ha illustrate Christine Campeau, di Caritas internazionalis, nel seminario su “Migrazioni forzate e cambiamenti climatici”. All’Onu si discute se includere o meno i rifugiati ambientali nel protocollo del Palazzo di Vetro per i rifugiati. Alcuni Paesi temono che una presenza così massiccia possa ridurre il livello generale di protezione ed assistenza. Ma la comunità internazionale, ha auspicato Christine Campeau “dovrebbe farsi carico dell’assistenza e della riduzione del numero dei rifugiati, investire in tecnologie, risorse umane e assistenza finanziaria”. Ahmadou Kante, dell’ufficio regionale africano dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), “il quadro giuridico attuale è insufficiente, perché i migranti ambientali non rientrano in nessuna categoria internazionale”. Solo 30 Paesi hanno tentato di elaborare delle strategie di protezione dei migranti ambientali.
Alberto Bobbio