20/06/2012
Manifestanti di un'Organizzazione non governativa ricordano sulla spiagga di Copacabana, a Rio de Janeiro, che il problema della difesa dell'ambiente s'intreccia con quello della fame. Foto Epa/Ansa. La fotografia della copertina è dell'agenzia Thinkstock.
Rio de Janeiro
Mentre le delegazioni governative giunte a Rio de Janeiro per la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile cercano notte e giorno un accordo che appare sempre più lontano, la voce della Chiesa brasiliana si alza forte e chiara a favore di maggior giustizia sociale e in difesa dei poveri e del nostro pianeta. Al tavolo dei negoziati della Conferenza di Rio+20, convocata dalle Nazioni Unite a vent'anni da quella precedente e memorabile tenutasi nella stessa città brasiliana nel 1992, i giochi tra le parti sono ormai impantanati tra veti, richieste e interessi unilaterali anteposti alla quanto mai necessaria ed urgente necessità di trovare soluzioni condivise per garantire un futuro vivibile su questo pianeta.
Così, i Paesi ricchi con l’Unione europea in testa vorrebbero imporre la nuova ricetta di una crescita fondata sulla cosiddetta “green economy”; le economie emergenti del gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) trainate dai padroni di casa rifiutano limiti imposti al consistente sviluppo avviato negli ultimi anni; i Paesi poveri del cosiddetto G77 pongono come condizione per qualsivoglia accordo l’ottenimento dei fondi necessari per poter adattare i loro processi produttivi ai nuovi standard ambientali e sociali e così contribuire alla mitigazione delle emissioni inquinanti che stanno uccidendo il pianeta terra.
Di fronte a questo scenario, già del tutto prevedibile mesi fa, la voce della Conferenza
nazionale dei vescovi brasiliani (Cnbb) si è alzata per ribadire la gravità della situazione e riproporre i principi della dottrina sociale della Chiesa per scuotere le coscienze e le menti dei governanti affinché assumano le responsabilità che gli incarichi da essi assunti comportano nei confronti delle generazioni presenti e future. Parole - quelle dei Vescovi brasiliani - che innanzitutto hanno ribadito come alla Conferenza di Rio+20, non sia unicamente in ballo la sostenibilità ambientale e, quindi, come non siano in discussione questioni riservate ai soli ambientalisti. Ciò che al contrario interpella i politici riuniti a Rio è la necessità di trovare un accordo sul modello di sviluppo che si vuole promuovere nei prossimi anni al fine di garantire la dignità di ogni e di tutte le persone e salvaguardare il creato che Dio Padre ci ha consegnato perché ne avessimo cura.
A Rio de Janeiro, tra il 20 e il 22 giugno, si svolge la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile. Foto Reuters.
Domenica 17 giugno, Caritas internationalis e il Cidse, il coordinamento
internazionale delle Organizzazioni cattoliche di
sviluppo legate alle Conferenze episcopali dell'Europa e del Nord
America, di
cui la Focsiv è il membro italiano, hanno organizzato una conferenza
stampa al termine della celebrazione eucaristica presieduta in
Cattedrale dall’arcivescovo di Rio, monsignor Orani João Tempesta. In quell'occasione,
il segretario generale della Conferenza episcopale brasiliana,
monsignor Leonardo Steiner, ha ben evidenziato come tutti dobbiamo
sentirci interpellati dagli enormi problemi che attanagliano il mondo ed
essere consapevoli del contributo richiesto a tutti noi per instaurare
nuove relazioni tra gli uomini, con la terra, la natura e i beni
naturali. Lo sviluppo fondato sul consumismo, sugli sprechi, sullo
sfruttamento di persone e risorse naturali, ha dichiarato monsignor
Steiner schierandosi al fianco dei movimenti sociali brasiliani e
globali, deve lasciare il posto a comportamenti individuali più
responsabili e originare politiche rispettose dei diritti di tutti sul
piano economico, sociale ed ambientale.
E’ in quest’ottica che la Cnbb ciritica duramente la prospettiva, ormai
predominante nei dibatti e nei documenti della Conferenza RIO+20, di una
crescita fondata sulla green economy in virtù del rischio molto
probabile che i beni comuni, le risorse naturali e il patrimonio
ambientale vengano mercificati diventando semplicemente il prossimo
obiettivo delle speculazioni e della ricerca sfrenata del profitto
perseguite da chi ha sin qui pesantemente contribuito a gettare il
pianeta ed i suoi abitanti nella situazione odierna di drammatica
ingiustizia e chiara insostenibilità. Il continuo sfruttamento delle
comunità indigene originarie del Brasile e delle enormi risorse dei loro
territori da parte delle grandi multinazionali colluse con i governi
locali e i poteri forti internazionali, ne sono già oggi un esempio
evidente.
Un bambino della favela "Morro Santa Marta", a Rio de Janeiro. Foto Reuters.
Quello delle popolazioni indigene brasiliane è uno dei tanti casi di
violazioni perpetrate nel mondo a danno dei più poveri e più deboli,
come ha sottolineato monsignor Paul Bemile intervenuto alla conferenza
stampa in rappresentanza della Secam, le Conferenze episcopali di Africa
e Madagascar. Il rapporto tra le compagnie e le società
multinazionali, in particolare del settore estrattivo, con i diritti
umani fondamentali è da tempo oggetto di campagne, denunce ed iniziative
promosse da numerose ONG internazionali tra le quali il Cidse.
Tuttavia non è certo passata inosservata la richiesta avanzata dalla
Secam per bocca di monsignor Bemile volta ad ottenere una normativa
internazionale che imponga ai singoli Governi l’obbligo di procedere
attraverso consultazioni popolari nella definizione delle legislazioni
nazionali in materia di estrazione delle materie prime e delle risorse
minerarie essendo questi settori produttivi tra quelli che,
notoriamente, impattano pesantemente sull’ambiente e i cambiamenti
climatici registrando importanti e diffuse violazioni dei diritti
fondamentali delle persone.
Critiche e proposte che dalle Chiese dei Paesi poveri dei Sud del mondo
speriamo raggiungano realmente i delegati riuniti a Rio perché, come
ribadito dal rappresentante della Santa Sede presso l’Onu monsignor
Francis Chullikatt, il modello di sviluppo che si promuoverà in
futuro sia fondato sul’uguale accesso ai beni primari, sulla solidarietà
universale, sulla salvaguardia del creato e sul riconoscimento
dell’uguale distribuzione dei beni tra tutti gli uomini e le donne del
pianeta.
Sergio Marelli, delegazione Focsiv-Cidse