21/06/2012
Persone radunate a Rio de Janeiro per il summit sull'ambiente (foto e copertina Reuters).
Rio de Janeiro
La separatezza e la distanza tra la
Conferenza intergovernativa sullo sviluppo sostenibile in corso a Rio de Janeiro e il
controvertice delle associazioni e dei movimenti sociali di società civile riuniti nella Cupula dos Povos (Vertice dei poveri) questa volta oltre che di sostanza è anche di forma. Collocate dal Governo brasiliano in due parti opposte dell’immensa megalopoli carioca, basti pensare che
il trasferimento con gli inefficaci bus di collegamento possono richiedere anche più di 2 ore nel mezzo del traffico micidiale che blocca a tutte le ore la città, la Conferenza e la Cupula manifestano anche logisticamente quanto lontane siano le analisi, le posizioni e le proposte formulate dalle due assise.
Eppure, gli obiettivi dell’incontro di Rio accomunano sia le istituzioni della comunità internazionale che i rappresentanti della società civile: mettere in campo urgentemente misure concrete per arrestare il degrado del pianeta terra, individuare un modello di sviluppo compatibile con l’ambiente e promuovere politiche economiche, sociali ed ambientali fondate sul rispetto della dignità di ogni persona e della tutela dei diritti umani fondamentali.
Ieri, giornata di apertura ufficiale della Conferenza di Rio+20, nulla di nuovo è sembrato uscire dai tavoli negoziali delle delegazioni governative impegnate da mesi nella ricerca di un accordo ormai sfumato.
Certo, alla conclusione dei lavori, gli oltre 130 capi di Stato e di Governo che prenderanno parte all’ultima tornata dei prossimi 3 giorni adotteranno una Dichiarazione congiunta e, forse, anche un piano di azione comune.
Peccato che, come denunciato da tutte le associazioni e i movimenti sociali presenti a Rio, questi documenti non conterranno impegni, scadenze, numeri e cifre vincolanti consegnando ancora una volta alla “buona volontà” dei Governi nazionali, sempre che ancora ne abbiano, i destini della terra e dei suoi abitanti. L’analisi dell’ultima bozza di Dichiarazione finale messa sul tavolo 4 giorni orsono dalla presidenza brasiliana, infatti, non lascia dubbi: piuttosto che registrare un clamoroso fallimento della Conferenza, come invece richiederebbe una sincera valutazione dei risultati dei lavori, il Governo del Brasile ha deciso di annacquare il linguaggio dei 287 paragrafi nei quali essa si articola ed evitare verbi e sostantivi che producano obblighi e impongano misure stringenti ai singoli Paesi. Una scelta che sembrerebbe ancora una volta mettere tutti d’accordo sulla base del famoso adagio “ognuno per se, Dio per tutti”.
Chi non ci sta, al contrario, sono i rappresentanti della società civile qui convenuti che hanno ormai terminato l’inchiostro ed esaurito la voce nel denunciare l’oscena deresponsabilizzazione di coloro ai quali i cittadini di ogni Paese hanno consegnato il mandato di governare per il bene comune e il futuro di tutti.
Disinteresse e disimpegno, in particolare, che si registrano da parte dei Governi dei Paesi ricchi i quali detengono le maggiori responsabilità dello sfruttamento delle risorse umane e dell’incipiente esaurimento di quelle naturali.
Alcuni di essi, e tra questi alcuni dei più coinvolti, hanno addirittura pensato di organizzare in questi stessi giorni un vertice informale delle maggiori economie e prolungare le discussioni avvenute in sede del Vertice dei G20 conclusosi a Los Cabos in Messico appena due giorni fa.
Per questo a Rio+20, nonostante la drammatica importanza delle questioni in ballo, non ci sarà il Presidente USA Obama, non il premier cinese Hu Jintao e nemmeno il nostro Primo Ministro Mario Monti del quale ci era stata assicurata la partecipazione negli incontri istituzionali avuti in Italia in preparazione della Conferenza.
Questo il contesto nel quale, ieri, oltre 50mila persone sono scese in corteo per le vie del centro storico di Rio de Janeiro manifestando pacificamente e, come ovvio trovandosi in Brasile, coloritamente in favore dei diritti umani e della preservazione dell’ambiente. Con una novità alquanto provocatoria per le nostre culture occidentali apportata con grande determinazione dalle rappresentanze dei popoli e delle comunità indigene di ogni parte del pianeta: per la salvezza del pianeta e la sopravvivenza dignitosa dell’umanità affianco dei diritti umani occorre riconoscere i diritti propri della natura o, come essi francescanamente affermano, della Madre Terra.
E la figura di San Francesco è stata anche tra le più visibili tra i colori e le voci della manifestazione di Rio essendo impressa, a formare la lettera “A” della parola “PACE”, sui tantissimi foulard bianchi distribuiti dai molti religiosi e attivisti del movimento Internazionale dei Francescani. Una presenza la loro che ha significativamente contribuito ad innalzare il numero di persone che hanno camminato dietro le insegne delle tante realtà cattoliche presenti. Caritas Brasile ed Internationalis, CIDSE, Giustizia e Pace e, per l’appunto, Franciscan International erano tra le più riconoscibili tra gli innumerevoli striscioni e bandiere agitate nel corteo.
Marciando insieme a tanti compagni di strada sono stato particolarmente colpito da come, a più riprese, manifestanti appartenenti a realtà con identità a volte anche molto diverse dalla nostra abbiano avvicinato e si siano sinceramente rallegrati della presenza al gran completo della Delegazione di Vescovi che la FOCSIV insieme alla CIDSE ha portato alla Conferenza di Rio+20 dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina. Molti di loro, camminando sotto la pioggia insistente, hanno avvicinato i nostri Pastori manifestando stupore ed esprimendo lusinghieri commenti per la loro vicinanza ai poveri e la loro sensibilità alle grandi problematiche globali.
E’ stato emozionante, e per una volta realmente vissuto, rimbalzare lo slogan scandito per tutta la manifestazione dai membri di Caritas Brasile che in portoghese rivendicavano: “donde esta la gente, Caritas presente! “. Senza dubbio, è stato il messaggio più forte portato a Rio: una Chiesa davvero presente in mezzo alla gente.
Sergio Marelli, delegazione Focsiv-Cidse