18/07/2012
Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, e quello del Welfare, Elsa Fornero. Tutte le foto di questo servizio, copertina inclusa, sono dell'agenzia Ansa.
«C'è nell'aria un furore ideologico contro le Forze Armate che non mi spiego. La sicurezza è un bene condiviso la cui responsabilità è di tutti. Un Paese come l'Italia non può sottrarsi a questo dovere. Le Forze Armate possono essere più piccole ma non meno efficienti. Altrimenti si fa prima a chiuderle». È quanto afferma al Corriere della Sera il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, che - circa il pgoramma di acquisto dei cacciabombardieri F-35, spiega : «tuteliamo investimenti e 10 mila posti».
«Veniamo da un taglio da 1,5 miliardi nella precedente legge di stabilità. Siamo l'unica amministrazione che ha avuto un'attenzione così marcata», sostiene il ministro. «Nel triennio 2013-2015 - prosegue - dovremo fare a meno di 18 mila unità militari. A questo va ad aggiungersi il taglio di 3 mila civili su 30 mila. Non si possono fare maggiori tagli - ribadisce Di Paola - perchè non avremmo più la capacità operativa per svolgere il nostro compito». Sui tagli alla dirigenza richiesti dalla spending review poi, il ministro della Difesa afferma: «Anche qui si è chiesta la testa dei re, degli 'alti papaverì, c'è questo spirito ghigliottinesco».
Sui cacciabombardieri F-35, il ministro ricorda: «Lo ho già ridotti da 131 a 90. Ora, io dico - osserva -, le Forze Armate si chiamano così perchè dispongono di armamento per svolgere il proprio compito. E il nostro, come Paese della Nato, è quello di essere corresponsabile delle risposte che la comunità internazionale dà alle crisi». Il ministro della Difesa interviene anche su Finmeccanica: «Non è un giocattolo - sottolinea -. Sta andando incontro con tutto il settore a una ristrutturazione: lasciamo lavorare i vertici».
Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, al centro, tra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e i vertici militari.
Furore ideologico? Pronta la replica di molti parlamentari. «Rinunciare
all'acquisto di alcune decine di cacciabombardieri che costerebbero
allo Stato oltre 10 miliardi di euro, con cui si potrebbero finanziare
spese e interventi infinitamente più utili, non è furore ideologico,
come pensa il ministro della difesa Di Paola: è banale buonsenso». È quanto affermano i senatori del Pd Della Seta, Ferrante, Di Giovan Paolo, Nerozzi, Vita, Amati, Granaiola, Ignazio Marino,
firmatari di emendamenti alla spending review che prevedono tagli ai
fondi previsti per gli F-35. «L'unica vera utilità di questo
investimento ereditato dal passato - affermano i parlamentari - è per la lobby dell'industria bellica:
interesse legittimo che però viene dopo l'interesse dell'Italia a
utilizzare le risorse pubbliche per politiche che massimizzino i
benefici sociali ed occupazionali». «Le Forze armate - concludono gli
otto senatori del Pd - sono importanti per il nostro Paese, ma il
loro futuro va affidato all'integrazione nei sistemi di difesa europei e
non certo all'improbabile rincorsa di dotazioni militari che per
scimmiottare le grandi potenze militari prosciugano le casse dello
Stato».
«Mentre il ministro Di Paola gioca alla guerra, difendendo a spada
tratta l'acquisto degli F-35 che ci costano 15 miliardi di euro, in
Italia dilagano povertà e disoccupazione, e un'impresa su tre rischia di
fallire entro l'anno». Lo scrive il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sulla sua pagina Facebook. «Quanti
asili nido e infrastrutture si potrebbero costruire, quanti servizi e
ammortizzatori sociali potrebbero essere garantiti dallo Stato, quante
aziende a rischio potrebbero essere salvate dalla bancarotta con quei
soldi? È inconcepibile che nella spending review del Governo si
taglino con l'accetta sanità, giustizia e istruzione e si mantenga in
piedi un assurdo e ingiustificato programma militare. Evidentemente
il ministro della Difesa non solo ignora la drammatica realtà del Paese,
ma sembra non conoscere neppure l'articolo 11 della Costituzione,
secondo cui l'Italia ripudia la guerra», conclude Antonio Di Pietro.
Un cacciabombardiere F-35 prodotto dall'americana Lockheed Martin.
«Costi molto più alti; il ministro si sottrae al confronto», questa la replica, infine, della Rete italiana per il disarmo.
«Le cifre che il ministro Di Paola continua a fornire su costi ed
impatto del programma F-35 sono palesemente errate e contraddicono i
documenti ufficiali statunitensi. I costi di acquisto (130 milioni di
euro ad esemplare) sono molto più alti di quelli riferiti dai funzionari
della Difesa, senza contare l'impatto del mantenimento successivo
all'acquisto», dichiara Francesco Vignarca, coordinatore della
Rete italiana per il disarmo commentando l'intervista rilasciata al
Corriere della Sera da Giampaolo Di Paola. «Il Ministro - aggiunge
Vignarca - continua a parlare solo a mezzo stampa, ma non accetta un
confronto vero sugli F-35». Secondo il ministro, abbandonare il progetto
significherebbe mettere «a rischio 10 mila posti di lavoro» e
«ammazzare il futuro tecnologico di Finmeccanica». Per la Rete
italiana per il disarmo, però, non è così. «È la stessa Finmeccanica -
spiega la Rete disarmo -, in audizione alla Camera, a parlare di 2.500
posti di lavori complessivi nel momento di picco di produzione,
avvertendo che sono numeri da ridurre ulteriormente poichè secondo
le nuove ipotesi del ministero i caccia previsti dall'Italia sono minori
ai 100 velivoli promessi agli Stati uniti».
Secondo la Rete italiana per il disarmo, inoltre, dal ministro della
Difesa non sono arrivati ad oggi dettagli sui costi-benefici
dell'operazione. «Forse perchè - spiega Vignarca - dieci anni fa ha
firmato lui l'accordo per la fase di sviluppo del programma venendo
definito dagli americani 'il migliore amico dell' F-35'?». Sulla
questione dei fondi da impiegare per l'acquisto dei caccia, al Corriere
della Sera il ministro ha dichiarato che «non esiste uno stanziamento di 15 miliardi». Per
Vignarca, però, «anche se i fondi non sono ancora stanziati, lo saranno
nei prossimi anni in caso di conferma degli ordini di acquisto per cui
si tratta di soldi veri che realmente saranno sottratti ad altre
necessità come la sanità e i welfare». La Rete italiana per il
disarmo replica anche alla battuta del ministro quando chiede il perchè
di tanto clamore sugli F-35 e non sul programma Eurofighter. «Fare
riferimento al programma Eurofighter è improprio: se è vero che anche in
quel caso i costi sono stati altissimi per un aereo militare, stiamo
parlando di 'acqua passatà perchè i fondi sono stati già tutti spesi
(riducendo anche di una tranche) mentre per il caccia F-35 si tratta del
futuro del nostro Paese. Senza dimenticare che anche militarmente e
tecnologicamente ci sarebbe per l'Italia un'ulteriore sudditanza verso
gli Usa mentre altri progetti sono di respiro europeo».
FamigliaCristiana.it