Il G8, un summit sbiadito

Il G20 ha assunto un'importanza strategica per le decisioni economiche: l'incontro degli Otto grandi terra suscita crescenti sentimenti di stanchezza. Eppure...

28/05/2011

Deauville, Normandia (Francia)


Perché ancora il G8? Potrebbe essere questa la prima questione da porre all’ordine del giorno del prossimo incontro degli otto “grandi” della Terra dopo la due giorni di lavoro del vertice 2011, svoltosi a nella cittadina di Deauville, in Francia. Al centro delle discussioni le tematiche già affrontate negli anni precedenti e alcuni grandi temi venuti alla ribalta negli ultimi mesi. 
internazionali; questo ridarebbe un senso alle loro sempre più insignificanti riunioni. 


Lo sforzo del presidente francese Sarkozy per confermare il senso di questo summit che vede sempre più sbiadire le aspettative e le attenzioni ad esso riservate dai media e dall’opinione pubblica, è emerso già dal calendario dei lavori, dall’insistenza con la quale ha tenuto a precisare le diversità e la non sovrapposizione con il G20 - l’altro grande vertice globale che in materia di economia, finanza e governance ha ormai assunto il ruolo di primo attore indiscusso - e dalla frenetica ricerca di qualche novità che potesse rilanciare un interesse per la due giorni di Deauville. 

Così, a fianco dei temi “tradizionali” quali la ripresa economica del post crisi, la “crescita verde” e l’innovazione in materia energetica, la sicurezza del nucleare nel dopo Fukushima, la pace e la sicurezza globali e la lotta al terrorismo, il partenariato con l’Africa e i programmi di lotta alle pandemie e alla fame, in Francia i capi degli otto Paesi più industrializzati hanno discusso di “primavera araba”, del nuovo direttore del Fondo Monetario Internazionale dopo le dimissioni di Stauss-Kahn e, soprattutto, del ruolo attuale di Internet e della Rete. 

Un tema, quest’ultimo, messo in grande evidenza dalla presidenza francese e al quale si è voluto addirittura dedicare una due giorni preparatoria di dibattito e discussione tra centinaia di esperti delle nuove tecnologie e, ovviamente, i maggiori dirigenti delle grandi società leader di Internet. La principale questione sul tavolo è stata la proposta di Sarkozy di procedere con una maggior regolamentazione e controllo del traffico internet. Osteggiata dall’amministrazione Obama, da sempre favorevole alla piena libertà degli strumenti informatici, la proposta francese ha lasciato il passo ad una posizione finale che non prevede un intervento statale di controllo. Il tutto per la gioia e gli interessi dei grandi gestori della Rete e il libero sfruttamento dell’enorme mercato che ancora resta da conquistare soprattutto nei Paesi in Via di Sviluppo.

Sebbene importante e alquanto affascinante la disputa del cosiddetto “e-G8” non deve distrarre dagli altri contenuti del “communiqué” finale adottato dagli otto leader. Lo dovrebbero tener presente anche i media che stando alla maggioranza delle notizie diffuse da Deuaville sono sembrati più interessati agli abiti e alla linea della futura mamma Carla Bruni. Insieme alla scarsa partecipazione alle manifestazioni anti-G8 organizzate a Le Havre, viste le misure di sicurezza garantite dagli esorbitanti 12.000 agenti delle forze dell’ordine schierati per il summit, la poca risonanza sulla stampa internazionale è forse indicativa della stanchezza e dell’assuefazione a questi incontri. Atteggiamenti che, seppur con una certa prudenza, possono essere compresi e condivisi. Di certo li giustifica l’aver invitato come “rappresentanti dell’Africa” oltre ai già assidui frequentatori Capi di stato di Algeria, Etiopia, Nigeria, Senegal e Sud Africa, quelli di Costa d’Avorio, Niger e Guinea. Prescelti da Sarkozy come “esempi delle nuove democrazie”, in realtà, sono da tutti conosciuti come leader di altrettante ex colonie francesi.

 


Eppure, anche questa edizione 2011, non ha mancato di assumere nuovi impegni in favore delle crisi del continente africano, come ad esempio i 40 miliardi di dollari promessi ai primi ministri provvisori di Egitto e Tunisia a sostegno della “primavera araba”. Un segnale significativo, se realmente concretizzato, subito smorzato dalla decisione di non attivare il Consiglio di Sicurezza ONU nei confronti della repressione in atto da parte del Governo della Siria, nonostante l’ammissione degli otto leader di essere “sconvolti dalla morte di molti dimostranti pacifici". Sono contraddizioni presenti a più riprese nella dichiarazione adottata a chiusura dei lavori che ripropongono la grande preoccupazione circa la reale capacità degli otto di affrontare adeguatamente i problemi globali. E’ il caso dell’opposizione di Usa, Russia, Giappone e Canada ad un nuovo Protocollo per la riduzione delle emissioni inquinanti o ancora l’assenza di misure efficaci per la decrescita degli Aiuti ai Paesi poveri e per il mantenimento degli impegni sottoscritti nei G8 precedenti.

Quello di Deauville sembra un vertice che, ancor più dei precedenti, pone fortemente la questione della discrepanza tra posizioni di rendita mutuate da vecchi assetti anacronistici e nuove sfide impellenti. La ricerca di nuovi ambiti di governance, contesti più partecipati dai quali attendersi prospettive di giustizia, pace e sicurezza per tutti, diventa obiettivo sempre più urgente. Un motivo in più per procedere nella riforma delle Nazioni Unite in direzione di un rafforzamento della loro identità democratica con strumenti, strutture e risorse adeguati a governare questo nostro mondo sempre più interdipendente e sempre meno costruito a misura d’uomo. A questo ci piacerebbe tendessero i G8 e gli altri vertici. 

Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv
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