03/04/2013
Foto Reuters.
La firma in sede ONU del testo di Trattato sul commercio di armamenti può aprire «una stagione nuova, anche se rappresenta solo un primo passo positivo». Giorgio Beretta, ricercatore di Rete Disarmo, sottolinea la soddisfazione «per tutte quelle associazioni internazionali che da dieci anni si battono per regolamentare i trasferimenti di armi». Certamente il Trattato approvato non copre tutte le problematiche che esistono nel commercio di armi. «In particolare, restano escluse dalla regolamentazione quelle leggere e sistemi militari come quelli radaristici», sottolinea Beretta. «Ma non si può che essere soddisfatti, soprattutto se si pensa che finora moltissimi Paesi non avevano alcuna legislazione organica in materia e tutto era affidato alla volontà dei singoli Governi».
Ora il lavoro delle organizzazioni della società civile sisposta su un proseguimento di mobilitazione affinché il Trattato entri in vigore, soprattutto monitorandone l’attuazione che ne faranno i singoli Paesi. «Senza la ratifica di almeno 50 Paesi, il documento resterà solo sulla carta. Per questo è importante che l'Italia lo approvi al più presto. A livello internazionale ci sarann sicuramente molte resistenze in tal senso. Penso in particolare agli Stati Uniti, dove molti parlamentari, anche democratici, hanno già fatto sapere che non voteranno la ratifica del trattato».
Il lavoro dunque continua anche e soprattutto a livello italiano ed
europeo, e la Rete Disarmo in questi giorni ha già richiesto al Governo
che vengano diffusi i dati sull’export militare italiano (il termine di
pubblicazione è già scaduto) e che si chiariscano le differenze con i
dati trasmessi in sede europea. «La trasparenza è un elemento fondamentale in questo
ambito, forse ancora più delle stesse regole. Il nostro auspicio è quindi
che si costruisca un serio e preciso meccanismo di rendicontazione da
parte di tutti gli Stati, sotto l’egida di questo Trattato», spiega
Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo.
«La nostra legislazione è molto più restrittiva dello stesso trattato approvato dall'Onu», aggiunge ancora Beretta, «ma permangono degli elementi di opacità. Non abbiamo ancora i dati disponibili sul Governo Monti, ma sappiamo che negli ultimi anni sono stati autorizzate in media esportazioni di armi per circa 4 miliardi di euro, di cui 3 effettivamente realizzate. Durante l'ultimo Governo Prodi, queste esportazioni erano così suddivise: 60% verso altri Paesi Nato e 40% fuori. Con il Governo Berlusconi queste percentuali si sono invertite e quindi le nostre armi sono finite prevalentemente in Medio Oriente, e in particolare in Paesi come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi».
Eugenio Arcidiacono
Dossier a cura di Alberto Chiara