03/05/2012
Andrea Olivero, foto di Paolo Siccardi/Sync.
Da cattolici, nel cambiamento: la via del riformismo. Interviene il presidente nazionale delle Acli.
Cosa sarebbe l’Italia senza la riforma agraria di De Gasperi, che ha liquidato i latifondi, la riforma fiscale di Vanoni, che ha introdotto la progressività delle imposizioni, quella della casa di Fanfani, che ha dato la dignità di un tetto alle famiglie? Quale Costituzione avremmo oggi senza la profezia di La Pira, la passione di Dossetti, il rigore di Lazzati o l’acume di Moro? Il riformismo in Italia nasce da una cultura politica che – forse perduta si nelle aule parlamentari – rimane ben viva e vitale nella società civile e nella comunità. Il cattolicesimo democratico e sociale, nelle sue forme diverse nel tempo, è stato alla base del consolidamento della democrazia e della crescita civile e morale del Paese.
La stagione riformista che si è aperta non ha fatto finora tesoro di questa cultura (come si può notare dai tanti, forse troppi, strappi operati nel tessuto sociale del Paese), ma è nostro compito operare con sollecitudine affinché la situazione cambi. Non si tratta di ridar voce ai cattolici, ma di restituire al Paese quel patrimonio che credenti laici hanno elaborato seguendo il Vangelo e la Dottrina sociale, che può far ritrovare il senso dell’impegno civico e del servizio al bene comune. Il sistema politico italiano, dopo il ventennio berlusconiano, sembra avviato a una rapida evoluzione, per quanto siano ancora piuttosto incerti i tempi e gli esiti.
Agenzia Fotogramma.
Sicuramente l’incapacità di rappresentare le istanze del Paese, unita alla
perdurante mancanza di rigore etico nell’esercizio delle proprie
funzioni, sta condannando una classe politica e insieme sta facendo
crescere il disgusto per come le istituzioni trattano il bene comune:
e questo a discapito di chi opera onestamentee con passione e della
stessa tenuta dellacoesione sociale. Finite le ideologie del Novecento
molti sembrano convinti che nonvi sia neppure più spazio per le culture
politichee i valori, piegati in una visione riduttivisticadella politica
come mera ricerca del consensoe amministrazione dell’esistente.
I nostri concittadini, però, facendo i conti con le tante difficoltà che attanagliano il Paese
– dalla disoccupazione e precarietà occupazionale giovanile
all’impoverimento, fino al drastico ridimensionamento del nostro sistema
di welfare – chiedono di avere risposte che siano, insieme, capaci
di cambiare la realtà immediata e di dar vita a un nuovo modello di
sviluppo, che non ci porti al consumo smodato dei beni e alla
precarietà di vita. Queste risposte, inoltre, non vengono chieste
fideisticamente a “tecnici” o “leader carismatici”, ma al processo
democratico, che deve ritornare a dare voce ai cittadini stessi, sia
pure attraverso rinnovate forme di rappresentanza.
Andrea Olivero con papa Benedetto XVI.
Anche questo è un segnale che si sta chiudendo la lunga stagione
della politica personalistica e forse si sta aprendo quella in cui le
scelte sono figlie di processi condivisi, forse faticosi, ma certamente
più tesi al bene comune. È in questo contesto che si pone, ancora una volta, il ruolo delle Acli e, più in generale, dei cattolici
impegnati in ambito civile ed ecclesiale, politico e sociale, chiamati a
creare spazi di elaborazione di pensiero e di proposta concreta, di
valori e di confronto serrato con la realtà tenendo conto di tutte le
sue contraddizioni.
Alberto Chiara e Annachiara Valle