Respingimenti, Italia condannata

La sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo contesta al nostro Paese numerose e gravi violazioni. E impone il risarcimento delle vittime.

Il plauso della società civile alla decisione della Corte europea

24/02/2012
(Ansa)
(Ansa)

Sono circa mille, secondo le stime dell'Hcr, l’Alto Commissariato per i rifugiati, i migranti – i incluse donne e bambini – che sono stati intercettati dalla Guardia costiera italiana e forzatamente respinti in Libia senza che fossero verificati i loro bisogni di protezione.

     La sentenza, spiega in una nota il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), ha dato ragione a 11 cittadini somali e 13 cittadini eritrei, rintracciati e assistiti in Libia dalla stessa associazione dopo il loro respingimento, che hanno presentato il ricorso contro l'Italia alla Corte Europea. Si trattò, allora del primo episodio di respingimento a cui, com’è noto, ne seguirono molti altri.

     La Corte – sottolinea il Cir – per la prima volta ha equiparato il respingimento collettivo alla frontiera e in alto mare alle espulsioni collettive nei confronti di chi è già nel territorio. Inoltre, l’organo di giustizia europeo ha ricordato che i diritti dei migranti africani in transito per raggiungere l'Europa sono in Libia sistematicamente violati, senza contare che il Paese africano non ha offerto ai richiedenti asilo un'adeguata protezione contro il rischio di essere rimpatriati nei Paesi di origine dove rischiavano la morte o la persecuzione.

     Anche l’Hcr ha commentato la decisione della Corte: «Questa sentenza costituisce un'importante indicazione per gli Stati europei circa la regolamentazione delle misure di controllo e intercettazione alla frontiera», ha detto Laurens Jolles, rappresentante dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati per il Sud Europa. «Ci auguriamo che rappresenti un punto di svolta per ciò che riguarda le responsabilità degli Stati e la gestione dei flussi migratori».

     «Le misure di controllo alla frontiera non esonerano gli Stati dai loro obblighi internazionali», ha sottolineato Jolles, «l’accesso al territorio alle persone bisognose di protezione dovrebbe pertanto essere sempre garantito».

     Moltissime sono state le reazioni alla notizia della condanna all’Italia. Secondo le Acli, ad esempio, «viene condannato il governo italiano, ma vince lo spirito della nostra Costituzione, nonché la tradizione del popolo italiano, quella di un paese accogliente che non respinge i disperati in mare consegnandoli ad un tragico destino».Per Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli, si tratta di «una censura gravissima per il governo che commise quell’errore e per quelle forze politiche che non solo difesero ma si fecero vanto di quei respingimenti, condannati immediatamente da tutte le organizzazioni umanitarie. Viene finalmente ristabilita, a livello internazionale, la centralità dei diritti umani fondamentali».

     «Quei 200 somali e eritrei rimandati in Libia», ha detto ancora Olivero, «furono abbandonati a un destino tremendo. È la tragica conferma che la demagogia al potere non è mai innocua ma produce errori ed orrori, come in questo caso».

     Amnesty International, da parte sua, ha definito «una pietra miliare» la sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti umani, e ha anche ricordato che l’azione delle autorità italiane «aveva costituito l’avvio di una politica di respingimenti che aveva attirato numerose condanne e aveva rischiato di compromettere i principi fondamentali del diritto internazionale nell’ambito dei diritti umani».

     Il commento di Guido Barbera, presidente del coordinamento di Ong Solidarietà e Cooperazione Cipsi, punta invece a sottolineare che non si tratta solo di una condanna all’Italia ma anche «a tutte quelle politiche sbagliate che non riconoscono la centralità della dignità umana e i diritti di ogni essere umano. Valori che sono alla base della civiltà e della convivenza dei e tra i popoli».

     «Questa sentenza», ha detto ancora, «rispecchia e ribadisce quanto il nostro coordinamento, insieme a molte altre voci della società civile e dell’associazionismo, aveva denunciato all’epoca dei fatti. Chiediamo, ora, una nuova politica dell’integrazione sociale in grado di recuperare i principi e i valori che hanno da sempre contraddistinto l’Italia per l’accoglienza e la solidarietà, la libera circolazione, l’asilo politico e la tutela della vita».

     L’Ong internazionale Save the Children, nella sua presa di posizione, ha ricordato i tragici numeri della scelta dei respingimenti: «Tra il 5 maggio e il 7 settembre 2009 sono stati 1.005 i migranti ricondotti in Libia nell’ambito di 8 operazioni effettuate dall’Italia (in particolare, 883 persone attraverso l’attività congiunta libico-italiana e 172 intercettate e riportate in Libia dalle autorità libiche stesse».

     L’organizzazione di solidarietà internazionale sottolinea che un numero non quantificabile di migranti respinti era costituito da minori, come attestato anche da fonti dell’Onu e confermato dal monitoraggio dei flussi migratori arrivati via mare attraverso la frontiera Sud dell’Italia svolto dalla stessa Ong nel periodo immediatamente precedente all’inizio dei respingimenti.

     Secondo i dati raccolti, i minori stranieri non accompagnati arrivati via mare a Lampedusa da maggio 2008 ad aprile 2009, sono stati infatti 2.191, di cui 314 quelli accompagnati, con una media per sbarco di circa 6 minori e picchi che in alcuni casi hanno raggiunto anche 42 minori su un totale di 234 migranti.

     «Save the Children», ha dichiarato il direttore generale Valerio Neri, «ha ripetutamente condannato le operazioni di respingimento che hanno violato i diritti fondamentali di tutti i migranti coinvolti e infranto il divieto di espulsioni collettive. Non possiamo non ricordare le terribili testimonianze raccolte direttamente dai minori sbarcati a Lampedusa sulle condizioni di estrema deprivazione e violenza vissute nei centri di detenzione in Libia dove, secondo le fonti più accreditate, sono stati condotti i migranti respinti in mare dalle Autorità italiane».

Luciano Scalettari
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