La maschera è meglio su o giù?

Il processo di autonomia delle donne marocchine passa anche dal laboratorio teatrale proposto da Cefa onlus: un modo diverso di mettersi in gioco

Donne che si incontrano

08/03/2013

Di seguito, le impressioni di viaggio raccolta da Donata Frigerio durante un suo viaggio in Marocco nei progetti del Cefa.


«C’è un Marocco sconosciuto ai più, con catene montuose innevate, oliveti, campi di grano. La nostra mini-delegazione al femminile, 3 donne, ha conosciuto questo Marocco, non da cartolina, pulsante di vita vera. Abbiamo parlato con uomini e donne, tante donne, di tutto. La parità di genere è il terzo Obiettivo di Sviluppo del millennio e auspica politiche a sostegno del mondo femminile e la parità di opportunità di accesso all'istruzione per ragazzi e ragazze. 

 Nelle città marocchine che abbiamo visitato le donne ci sono apparse sempre indaffarate, si prendono cura dei propri bambini e di quelli degli altri, del marito, della casa e molte lavorano anche fuori casa. Re Mohammed VI, negli ultimi 10 anni, ha riconosciuto loro una forte e maggiore libertà e le donne hanno potuto organizzarsi e impegnarsi per conquistare alfabetizzazione e produrre reddito. Ora, almeno in teoria, possono scegliere con chi sposarsi, divorziare, viaggiare da sole, aprire un conto in banca, vestire all'occidentale, studiare. Tutto ciò permette una maggior consapevolezza dei propri diritti, una migliore educazione della prole.

Abbiamo conosciuto Rachida e Sofia, italiana, cooperante del Cefa, ong di Bologna di cui abbiamo visitato i diversi progetti di sviluppo agricolo e sociale in Marocco. Rachida e Sofia lavorano insieme in programmi rivolti alle donne e agli uomini insieme e in attività che coinvolgono esclusivamente le donne. Uomini e donne, alla pari, portano avanti due cooperative di trasformazione delle olive, olive enormi, saporitissime, verdi e rosse. Al nostro arrivo ci accoglie con simpatia la presidente della cooperativa Taymate, che ci accompagna durante la nostra visita e orgogliosamente ci spiega il lavoro che vi viene svolto, offrendoci l'immancabile the verde, olive, olio e pane, naturalmente arabo. 

Rivolto esclusivamente alle donne è il progetto di alfabetizzazione perché più di tutti sono loro ad aver sofferto la lontananza dalle aule scolastiche. In classe, insieme alle lezioni di grammatica, lettura e scrittura, si svolgono anche lezioni di economia domestica e artigianato, per creare una piccolissima fonte di reddito e autofinanziamento.

Attraverso lo studio le donne si rendono autonome e indipendenti perché apprendono gli strumenti per la gestione delle più semplici faccende domestiche perché imparare significa difendersi dai profittatori al mercato, riconoscere i soldi, saper firmare, leggere e comprendere il foglio che si sta firmando. Le donne ci accolgono con canti in lingua berbera, fiere nei loro djellaba multicolori e tradizionali, alcune col volto delicatamente tatuato secondo tradizione, elegantissime e orgogliose della loro preziosa cartella che contiene tutto quanto è necessario per studiare: quaderno, penna, lavagnetta. Ci mostrano i primi disegni, infantili e bellissimi, e la carta dei diritti e doveri della classe, che hanno elaborato in un lavoro collettivo.


Con il cuore pieno di emozioni e vita con Sofia ci siamo spostate verso Salé, vicino a Rabat, dove è in corso il progetto di teatro per ragazze, per sostenerle nel percorso di autodeterminazione. Giovani dai 15 ai 25 anni frequentano le lezioni di teatro tenute dall’attrice Hajar Chargui con cui stanno preparando uno spettacolo che sarà messo in scena proprio nei prossimi giorni. È meraviglioso guardare le ragazze mentre compiono la “trasformazione”: smettono gli abiti tradizionali e il velo per indossare la tuta che rappresenta la nuova esperienza; alla fine della lezione riprendono gli abiti tradizionali e il velo ed escono, riprendendo gli atteggiamenti seri che contrastano con le risate e la gioia comunicata poco prima. Le tradizioni vanno rispettate, nonostante tutto.

Lo Stato ha da poco promulgato il Codice di famiglia che vieta matrimoni precoci e combinati ma questa legge ha difficoltà di attecchire per diventare “costume”: ci raccontano di una ragazza di Rabat che, qualche mese fa, si è suicidata perché la famiglia voleva costringerla a sposare un giovane che l'aveva violentata. La notizia ha fatto scalpore fin nelle periferie facendo emergere la fatica delle famiglie nell'accettare una legge che si scontra con usanze radicate». 

Alberto Picci
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