È tempo di camminare da soli

"Chakama nel cuore" è un progetto di Karibu onlus: l'obiettivo è aiutare un villaggio keniota a raggiungere l'indipendenza economica e alimentare

Noi volontari, testimoni e protagonisti

11/02/2013

«Quando sono scesa all'aeroporto di Mombasa, mi aspettavo che l'esperienza che avrei vissuto sarebbe stata entusiasmante, utile e molto intensa. Invece è stata molto, molto di più. Quello che ho vissuto nella brillante terra rossa di Chakama, che finisce dove inizia un cielo gigante che ti spiazza e ti fa sentire microscopico, è qualcosa che va oltre un'azione di volontariato trasparente, consapevole e ricco di amore e di attenzione per l'altro: è l'incontro con persone che hanno dignità, colori, suoni e odori che appartengono ad un tempo che sembra essersi fermato. All'inizio ero molto stranita.


Malindi, le sue contraddizioni, la sua gente, le stradine ricolme di umanità variegata, in alto un sole enorme e tutto intorno una terra immensa. La prima volta che sono salita sul furgone diretto a Chakama, Popi mi ha sussurrato: “Ora vedrai la vera Africa”. E quell'Africa ho incontrato quel giorno. La mattina iniziava con le lezioni di inglese ai bimbi: abbiamo cercato di renderli capaci di comunicare chi erano, dove vivevano, se stavano bene o avevano qualche problema di salute. Il pomeriggio, invece, ero in infermeria ad aiutare Paola nell'intenso lavoro di visite a tutta la comunità di Chakama e non solo (che nostalgia per i membri dell'enigmatica ed elegantissima tribù degli Orma ...). 

Il “Karibu” che conservo nel cuore è fatto dei  sorrisi dei bimbi che cercavano di sbirciare nei quaderni le risposte alle domande della “maestra” o che disegnavano lunghe giraffe come scarabocchi sui fogli quando la loro mente vagava lontano dai banchi della scuola fino a giungere lì, ai colorati e vivaci paesaggi della loro immaginazione. “Il mio Karibu” è stata la gioia di vedere che ognuno di noi, ogni giorno, realizzava qualcosa di  bello, piccolo e grande insieme. “Il mio Karibu”  sono state le donne che si rivolgevano al nostro Primo Soccorso raccontandosi e affidandosi a noi, in totale abbandono. 

“Il mio Karibu” è stato Baraka che si arrampica sul furgone declamando in serie tutti e cinque i continenti per dimostrarmi, una volta di più, di essere studente meritevole del Premio Safari ... “Il mio Karibu” sono stati gli altri volontari, ora miei amici. “Il mio Karibu” è stato giocare a dadi, la sera, anche con Popi per vedere se, almeno in quel caso, riusciva a barare. Sempre nello stesso primo viaggio in furgone, diretto a Chakama, Popi mi ha parlato di una scritta sul muro di una casa africana: “Time will tell”. Io ora ne sono così sicura. Time will tell. [1] Popi Fabrizio: presidente della Karibu Onlus.

Quando chiesi a Popi dopo quanto tempo avrei iniziato a sentire “mal d’Africa”, lui, con i suoi occhi da Peter Pan, mi rispose: “Da prima ... già da prima di partire per l’Africa!” Gli occhi di Popi non si sbagliano e, solo andando via da quei posti, riconosci il richiamo … quel richiamo che ti ha portato lì la prima volta. Parti perché vuoi andare, non sai cos’è che ti trascina, ma senti che hai bisogno di andare. Una volta arrivato a Chakama sei catapultato in un mondo dove senti di “aver vissuto in qualche tempo” e hai come la sensazione di essere “tornato” finalmente a casa.


Chakama è una meravigliosa esperienza primordiale …. Torni alla “Terra”, alle tue origini, ai tempi lenti e dilatati dei suoi abitanti e senti di essere a tuo agio fin da subito. È come andare a riprendersi qualcosa … come andare a raccogliere le ossa lì dimenticate. Chakama diventa in un attimo il tuo mondo, seppur completamente diverso da quello a cui sei (purtroppo) abituato.

A Chakama non hai né agi né pretese, hai solo la terra rossa, i suoi cieli infiniti colorati al tramonto, i suoi abitanti e i suoi bambini. La terra rossa non sporca le tue mani … le colora! I tramonti lungo la strada del ritorno ti incantano. I suoi abitanti ti accolgono con dignità e curiosità. I suoi bambini ti restano dentro … Gli occhi dei bambini entrano nei tuoi e ci restano … La loro curiosità nel toccare le tue braccia e non capire perché ci sono così tanti peli chiari, la loro devozione nel cercare di pulire la tua pelle da quelle strane macchiette scure, la loro rabbia per non riuscire a fare le treccine con i tuoi capelli troppo lisci, i loro sguardi, i loro sorrisi, le loro mani ... tutto dei bambini di Chakama ti resta dentro. Indelebile...

Per loro, che affrontano il mondo a piedi nudi, l’essenziale (invisibile agli occhi del “piccolo principe”!) è tutto ciò di cui hanno bisogno. Un pasto, acqua, latte, scarpe, biancheria, vestiti … per molti di loro è ancora un lusso, per noi è scontato, è ostentazione. Donare loro l’essenziale è per noi tutto tranne che sacrificio.

Dicono che gli Africani non siano riconoscenti, che non siano bravi a dire “grazie” … ma basta osservare gli occhi di Mtawali, Shwukra o Baraka scrutare felici la nuova maglietta, conquistata dopo averci aiutati nella costruzione del loro villaggio, per sapere che ti stanno dicendo “asante sana” (grazie mille)! “Asante sana” ai miei compagni di viaggio, a Popi e ad Ale … “Asante sana” a Chakama e ai suoi splendidi bambini … Per sempre nel mio cuore!            

Alberto Picci
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