Don Sciortino

di Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 
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Pensare al Natale: un augurio

Ciò che più mi colpisce, del Natale, resta sempre l’evento incomprensibile di un Dio creatore e Signore assoluto del tutto che, anziché starsene nel più alto dei cieli, nella sua pienezza assoluta e perfetta, avverte una specie di ‘mancanza’ in sé e decide di calarsi nel corpo di un uomo, provando in tutto la condizione umana. E lo fa per amare fino in fondo l’uomo e tutto il creato.

Resta per me un atto di immenso coraggio e di amore assoluto quello di Dio che si fa piccolo, fino ad entrare nella vita di un bambino, inerme di fronte ai bisogni più elementari. Che si lascia vincere dal sonno o squassare dalla fame. Che si lascia accarezzare, nutrire, vestire, pulire e sperimenta tutte le primordiali sensazioni di ogni bambino… E che poi cresce, incomincia a pensare, a provare i sentimenti che colorano il mondo interiore di ogni uomo. Che si consente di vivere i molteplici moti dell’animo : l’attaccamento a chi si ama, il piacere e la delusione, la paura e la rabbia. Che sperimenta il pensiero, lo studio e la conoscenza.

Per questo Dio che si è fatto uomo, tutto nel mondo appare ancora più nuovo, perché egli proviene da distanze siderali e resta pur sempre Dio, pur essendo pienamente calato nella dimensione umana. Immagino che ciò abbia molte volte provocato in Gesù una tensione enorme tra questi due estremi, sempre presenti insieme.

Questo senso di novità, quasi di stupore, che, posso immaginare, ha continuamente accompagnato Gesù, mi ricorda quello di ogni adolescente che, crescendo, vede e sperimenta con sensi nuovi e nuovi pensieri ciò che avviene attorno e dentro a sé. Anche Gesù avrà guardato il suo corpo crescere, avrà sperimentato la speranza che nutre i progetti e la fatica di realizzarli, l’incertezza e l’entusiasmo. E’ questo ciò che rende miracolosa ogni adolescenza, ciò che, quando rimane vivo, depositato dentro di noi, anche da adulti o da vecchi, ci permette di gustare la vita in modo nuovo.

Auguro a chi legge di poter sentire dentro di sé la vita rinnovata dall’atto di coraggio e di amore che Gesù ci offre anche in questo Natale 2011, incarnandosi nuovamente.

Per parte mia, regalo a tutti le parole, tanto più intense delle mie, di un grande poeta, Jorge Luis Borges, che in “Elogio dell’ombra”, rilegge così il versetto del Vangelo di Giovanni sull’Incarnazione “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv, 1, 14).

Non sarà questa pagina enigma minore
di quelle dei Miei libri sacri
o delle altre che ripetono
le bocche inconsapevoli,
credendole d’un uomo, non già specchi
oscuri dello spirito.
Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
accondiscendo ancora al linguaggio
che è tempo successivo e simbolo.
Chi gioca con un bimbo gioca con ciò che è
prossimo e misterioso;
io volli giocare coi Miei figli.
Stetti fra loro con stupore e tenerezza.

 
 

Per opera di un incantesimo
nacqui stranamente da un ventre.
Vissi stregato, prigioniero di un corpo
e di un’umile anima.
Conobbi la memoria,
moneta che non è mai la medesima.
Il timore conobbi e la speranza,
questi due volti del dubbio futuro.
Ed appresi la veglia, il sonno, i sogni,
l’ignoranza, la carne,
i tardi labirinti della mente,
l’amicizia degli uomini,
la misteriosa devozione dei cani.

Fui amato, compreso, esaltato e sospeso a una croce.
Bevvi il calice fino alla feccia.
Gli occhi Miei videro quel che ignoravano:
la notte e le sue stelle.
Conobbi ciò ch’è terso, ciò ch’è arido,
quanto è dispari o scabro,
il sapore del miele e della mela
e l’acqua nella gola della sete,
il peso d’un metallo sul palmo,
la voce umana, il suono di passi sopra l’erba,
l’odore della pioggia in Galilea,
l’alto gridio degli uccelli.

 
 

Conobbi l’amarezza.
Ho affidato quanto è da scrivere a un uomo qualsiasi;
non sarà mai quello che voglio dire,
sarà almeno la sua eco.
Dalla Mia eternità cadono segni.
Altri, non questi ch’è il suo amanuense, scriva l’opera.
Domani sarò tigre fra le tigri
e dirò la Mia legge nella selva,
o un grande albero in Asia.
Ricordo a volte e rimpiango l’odore
di quella bottega di falegname.

Pubblicato il 22 dicembre 2011 - Commenti (0)
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Una frase di Sant'Agostino

Preparando gli auguri per il Natale, ritrovo questa frase di s.Agostino che ho utilizzato per gli auguri alle scuole di qualche anno fa:

“E’ ben più efficace, per imparare, il desiderio di sapere che nasce dalla libertà che non la necessità di sapere che nasce dalla paura”                                                                                        (Le Confessioni, Libro 1, 14).

Mi fa riflettere sulla motivazione allo studio che nasce faticosamente da un atto interiore di scelta e di ‘gusto’ per ciò che si fa, e non può venire primariamente dalle pressioni che genitori e insegnanti esercitano attraverso i voti negativi, i castighi, le minacce… E neppure dalle proiezioni in un futuro lavorativo fosco ed incerto dove si salverà solo chi ha un titolo di studio. Una motivazione interiore non è un dono di natura, ma una acquisizione spesso sofferta, maturata insieme alla crescita, con momenti di slancio e altri di stanchezza.

Qualcosa che va ‘educato’, nel senso che ogni ragazzo che cresce va aiutato a tirarla fuori dal proprio intimo, a crescerla, a tenerla viva. In altre parole, è una questione di senso. Accompagnare i figli adolescenti all’esperienza della scuola significa in fondo questo. Non basta sostenere, incoraggiare, dare indicazioni di metodo sull’organizzazione del tempo. Non basta neppure intervenire con forza quando le cose vanno male, dopo le verifiche negative e le pagelle disastrose, per aiutare a ritrovare la concentrazione e la forza di volontà. Non sono sufficienti le ripetute esortazioni banali : “Studia per farti una cultura! Studia perché potrai trovare un lavoro migliore!”

Come genitori, occorre ripensare alla propria esperienza, che si abbia avuto la possibilità di studiare oppure no, per trovare parole più autentiche sull’apprendimento e sul confronto (a volte scontro) con la fatica del pensare. Occorre riflettere con i figli sui linguaggi oggi necessari: la conoscenza della lingua italiana per poter meglio comunicare le proprie idee e i propri pensieri; della lingua straniera, per sentirci aperti al mondo più vasto che entra nelle nostre case attraverso le tv e internet; dell’economia e della storia; delle scienze e della matematica; delle tecniche… Occorre pensare che la mente è lo strumento più prezioso che ci accompagna nella vita. La fatica mentale è l’allenamento faticoso e costante di questa funzione, per uscire dal mondo dell’opinione ed entrare in quello della conoscenza, per  capire meglio noi stessi e gli altri.

Pubblicato il 23 dicembre 2010 - Commenti (1)
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