Don Sciortino

di Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 54 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 
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Due letture e Buon Natale a tutti

Quest’anno desidero lasciare a tutti coloro che leggono questo blog due indicazioni di lettura per gli adulti (a Natale, un libro è sempre un dono gradito) e un augurio. Il primo libro è un romanzo di Philip Roth, Nemesi (Einaudi 2012), che descrive le vicende del passaggio al mondo adulto di un giovane ebreo americano, un ventitreenne animatore sportivo di un campo giochi, nell‘afosa estate del 1944. A fare da cornice, gli eventi della II guerra mondiale, e soprattutto un’epidemia di poliomielite che miete giovani vittime in alcune grandi città degli Stati Uniti. La vicenda si snoda tra la maturazione di questo giovane, di sani principi e molto, forse troppo, pervaso dal senso di responsabilità, e il diffondersi della malattia. Il tutto raccontato da un narratore che solo lentamente emerge dall’anonimato, fino ad una conclusione davvero inattesa, dove i grandi nodi morali della vita, primi fra tutti la capacità di scegliere, il principio di responsabilità e il senso di colpa, vengono affrontati in un drammatico dialogo conclusivo.

La seconda indicazione è di tipo più strettamente educativo, e si rivolge ai genitori alle prese con l’impegnativo rapporto con i figli che crescono. SI tratta di E adesso che cosa faccio?, scritto dal medico e psicologo Luigi Ballerini (Ed.Lindau, 2012), un’utile e concreta riflessione educativa che propone fin dal sottotitolo di “ripensare il rapporto fra genitori e figli” in base alla considerazione che gli adolescenti “vanno trattati a partire dal fatto di essere giovani uomini e giovani donne… soggetti che chiedono che venga preso sul serio il loro pensiero, che vengano stimati in quanto soggetti desiderosi di essere al mondo e di dire la loro” (pag.68). Di qui una serie di indicazioni per compiere il viaggio della crescita accanto ai figli, che si tratti di Facebook o di una bocciatura…

Natività, Pinturicchio (1502).
Natività, Pinturicchio (1502).

Infine l’augurio è rappresentato da una immagine ricca di colore e calore, una Natività del 1502 del Pinturicchio, accompagnata da un pensiero di Edith Stein. Buon Natale a tutti!


«Ho sempre pensato - e forse è un azzardo - che il mistero dell'Incarnazione sia più grande della Resurrezione.  Perché un Dio che si fa bambino... e poi ragazzo... e poi uomo, quando muore non può che risorgere»

(Edith Stein)

Pubblicato il 23 dicembre 2012 - Commenti (0)
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Il gesto di Ettore

Bella serata, qualche giorno fa, in una scuola dell’hinterland. Una platea di soli uomini. In ombra, defilate nell’antisala, le uniche due donne presenti, la preside e un’insegnante, che fanno gli onori di casa. E’ una serata rivolta ai papà: una settantina, che si interrogano sulle modalità nuove di svolgere l’antico compito della paternità.

Sono stato invitato ad iniziare un percorso di tre serate su questo tema. Sono genitori di bambini di scuola d’infanzia e di primaria, e di ragazzi di scuola media. I due incontri successivi, in forma di laboratorio, saranno realizzate dagli operatori di un Consultorio.

Il clima è diverso dal solito: bisogna trovare qualcosa di specifico per i padri, che li differenzi dalle madri. Il gioco fisico con i figli? L’autorità paterna? I rapporti con il mondo esterno alla famiglia? La gestione dell’aggressività? Oggi ormai si tratta di comportamenti equamente condivisi da padri e madri.

Mi torna allora in mente il gesto che Ettore, l’eroe troiano, compie nell’Iliade, levando verso l’alto il suo bambino. Giunto dal campo di battaglia, ha dovuto spogliarsi dell’elmo e dell’armatura perché il piccolo non si spaventasse. Ora il bimbo lo ha riconosciuto; il padre lo alza verso il cielo e prega così:

Zeus e voi altri dèi, rendete forte questo mio figlio. E che un giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, qualcuno dica : “E’ molto più forte del padre”.



Qualcuno del pubblico pensa che io mi stia riferendo alla gratificazione del figlio per le sue prestazioni. E’ qualcosa di più. Non si tratta semplicemente di lodarne le qualità sportive, o intellettuali, o le capacità di relazione. Bisogna saperne ‘pronunciare il nome’, cioè dirgli la nostra stima, affermare il riconoscimento di quello che è e che sta diventando. Comunicargli la fiducia che saprà muoversi sulla strada per diventare adulto, staccandosi gradualmente dalla protezione della famiglia.

Questo compito assume diverse forme a seconda dell’età dei figli. Durante l’adolescenza, in particolare, diventa la capacità di affermare la stima per il proprio figlio (maschio o femmina che sia), per quello che sta divenendo, anche quando i risultati sono differenti dalle nostre aspettative. E’ apprezzarne lo sforzo e lì’impegno, e non solamente il risultato. E’ riconoscere quanto di più adulto e solido prende forma nelle sue scelte, nei suoi atteggiamenti, nei suoi atti. E’ sostenerlo nel fare i conti con la realtà, lasciando anche che talvolta questa lo possa ferire. Senza mai perdere di vista che diventerà adulto, o adulta, e certamente migliore del padre.

Una domanda ai padri: vi ritrovate in questo ruolo? Come pensate di realizzarlo nella relazione con i vostri figli e figlie? Che cosa pensate del dibattito sulla paternità? Mi piacerebbe ricevere i vostri pareri e le vostre esperienze.

Pubblicato il 14 dicembre 2012 - Commenti (1)
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