Comandamenti, un film in dieci film

In occasione del primo volume di padre Grün sui dieci Comandamenti, in edicola con Famiglia Cristiana n. 11, riscopriamo il Decalogo del gande regista polacco Krzysztof Kieslowski.

10/03/2011
La locandina del celebre film del regista polacco Krzysztof Kieslowski, che in dieci episodi interpreta i Comandamenti.
La locandina del celebre film del regista polacco Krzysztof Kieslowski, che in dieci episodi interpreta i Comandamenti.

Che cosa c’è meglio del Decalogo per parlare del Decalogo? Non si tratta di un giochetto di parole, dove per definire un concetto si usa lo stesso termine cadendo così in un circolo vizioso. La soluzione per accostarsi nel migliore dei modi al Decalogo (dal greco déka lògos, dieci parole) e afferrare l’intimo significato di ognuna di queste “parole divine” l’ha offerta il polacco Krzysztof Kieslowski con un Decalogo tutto suo: un unico film composto da dieci film, ognuno per quanti sono i Comandamenti; un confronto fra la parola di Dio e quella dell’uomo contemporaneo, che traduce in dubbi e interrogativi l’acuto malessere della modernità, scettica e spesso del tutto insensibile ai richiami della legge mosaica.

Un film in dieci episodi o capitoli, dunque, caso unico nella storia del cinema, che si misura con il peccato per verificare se il venir meno dell’uomo al patto con Dio abbia ancora senso nel mondo del dopo Auschwitz e del dopo Hiroshima. Un paradosso che preme a fondo sul pedale dell’acceleratore fin dal primo episodio, Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio fuori di me, dove un docente universitario spinge la sua razionalità fino all’eccesso, convinto che tutto è scientifico, quindi calcolabile e prevedibile. Anche la compattezza e la solidità di una lastra di ghiaccio sulla quale il figlio si avventura dopo che il padre ne ha controllato la consistenza. Ma la lastra si spezza e il ragazzo affoga nello stagno sul quale è andato a pattinare.

Se, come diceva Anatole France, il caso è Dio che vuole conservare l’anonimato, che cosa significa il primo episodio del Decalogo? Forse che Dio punisce chi mette in dubbio la sua supremazia e la sua potenza? Ecco dunque che dietro ognuno dei dieci episodi si nasconde il paradosso di un avvertimento, un campanello d’allarme che ricorda all’uomo d’oggi la sua fragilità e gli restituisce il valore delle “Dieci parole sapienti”, osservando le quali può inoltrarsi nel mondo senza correre pericoli. Un codice di vita senza il quale si cade inesorabilmente nel relativismo, nel nihilismo e nell’adorazione di tutti gli idoli (i vitelli d’oro) che ci assediano.

Il Decalogo di Kieslowski (basato sul raffronto fra la tesi, il comandamento in questione, e l’antitesi, il mancato rispetto del comandamento, perché lo spettatore possa trarre poi le sue conclusioni affidandole al giudizio della ragione e della coscienza) è perciò il rompighiaccio che consente di addentrarsi nei Dieci comandamenti comodamente seduti su una poltrona. O in una sala cinematografica o nel salotto di casa. Ma in un caso o nell’altro sempre tramite un paradosso, perché molti film che ruotano intorno al tema del primo comandamento lo fanno ribaltandolo e cercando la sua dimostrazione “a contrariis”, ovvero attraverso il contrasto che disubbidisce alla parola di Dio. Come tutti i film della serie Frankenstein, dal primo di J. Searle Dawley nel 1910 a Frankestein di Mary Shelley di Kenneth Branagh con Robert De Niro, in cui si dimostra come chi ha inteso sovvertire la legge divina sostituendosi al Creatore sia spazzato via dalla materia generata dalla sua stessa superbia.

Al paradosso è ricorso curiosamente anche il cattolicissimo John Ford di In nome di Dio, dove tre banditi in fuga dopo aver rapinato una banca e attraversato il deserto (dell’anima) si salvano dopo aver salvato a loro volta un bambino appena nato. Parabola western della Natività e dei Re Magi, alla quale si rifece anche Pasolini in un progetto poi portato sullo schermo nei Magi randagi da Sergio Citti, storia di tre poveri saltimbanchi alla ricerca del Bambino Gesù, salvati da una fede sincera e dalla scoperta che ogni giorno la loro strada si incrocia con quella dell’unico e vero Dio.

Enzo Natta
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Postato da RT57 il 19/03/2011 18:43

Io ho visto il decalogo anni fa quando sono stati proiettati nelle sale cinematografiche. Ricordo l'originalità del loro racconto non esaustivo ma con degli esempi concreti della vita di tutti i giorni. La storia che riguarda il sesto comandamento( non commettere atti impuri) era quella di un adolescente che si era innamorato di una prostituta che abitava nel palazzo di fronte. Una vicenda commovente e raccontata con rara poesia dei sentimenti. Vorrei ricollegare quel film con la vicenda del Bunga Bunga del premier italiano detto anche il sultano. Ma vorrei farlo con la lettera del padre di Ruby scritta assieme alla assistenza sociale del paese dove vive: in essa viene smentito tutto quello che si dice di quella famiglia... il contenuto è commovente ma anche agghiacciante. Una figlia, la ruby, cresciuta nel mito del grande fratello (cultura di mediaset del sultano ) e dopo tanti anni arrivata dunque a concedersi proprio a quello che lo aveva programmato per anni allo scopo di far soldi consumisticamente. Dunque prima forgiata e poi sfruttata al momento giusto, Meriterebbe di essere il seguito del film del decalogo perchè insegna ancora più cose : una generazione di donne mercificate nel corpo e nell'animo in odo istematico e subdolo. C'è addirittura poi chi inventa l'11o comandamnto perchè non ci si deve indignare. Sepolcri imbiancati è dir poco !

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