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Il caffè fa dimagrire ma meglio non esagerare

Il caffè può influenzare la digestione dei carboidrati? Pare proprio di sì! Da parecchio  tempo, infatti, noi nutrizionisti abbiamo evidenziato il potere protettivo del caffè nei   confronti del diabete di tipo 2. Ma quali sono i meccanismi che consentono di prevenire
questa patologia? Secondo una ricerca dell’Inran, il caffè pare sia proprio in grado di inibire uno degli enzimi intestinali deputati alla digestione dei carboidrati. Questa azione  potrebbe determinare un rallentamento nell’assorbimento del glucosio e attenuare così
il picco glicemico che si osserva dopo il consumo di un pasto, contribuendo alla riduzione
del rischio di diabete di tipo 2.
Lo studio si è svolto con l’utilizzo di due approcci sperimentali: uno bioinformatico e uno in vitro. Mediante tecniche di simulazione al  computer, è stata valutata la capacità dei composti fenolici presenti nel caffè di legare, e quindi, inibire, gli enzimi coinvolti nel metabolismo dei carboidrati. Le simulazioni sono state poi confermate dallo studio in vitro che però ha lasciato qualche dubbio nello studio sull’uomo, tant’è che la dottoressa Fausta Natella, ricercatrice Inran responsabile del  progetto, ha dichiarato che, nonostante gli studi dimostrino che un consumo abituale e  moderato di caffè riduca il rischio di diabete di tipo 2, non è ancora noto con quale  meccanismo la bevanda possa agire.
Si è ipotizzato che il caffè interferisca con il processo di digestione dei carboidrati, ipotesi che è stata confermata dai dati sperimentali ottenuti in vitro, e vanno confermati da uno studio in vivo condotto sull’uomo. Se questo fosse il meccanismo con cui il caffè agisce, si dovrebbe consigliare di bere una tazzina subito dopo i pasti. Facendo attenzione, però, a non abusarne e a non superare le 4-5 tazzine al  giorno.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Non tagliate i carboidrati

Quest’articolo vuole essere una risposta a coloro che consigliano erroneamente di seguire una dieta iperproteica, con pochissimi carboidrati; infatti, eliminare pasta e pane dalla  dieta può esporre a seri problemi cardiovascolari. Lo dimostra uno studio di Anthony  Rosenzweig, coordinatore della ricerca americana, pubblicato sulla rivista internazionale Pnas, che ha messo in evidenza come i regimi alimentari poveri di carboidrati aumentino in maniera significativa il rischio di gravi patologie cardiovascolari, quali aterosclerosi, ictus e infarto. Un gruppo di animali è stato nutrito con diete ricche di carboidrati, un secondo con quantità moderate di questi alimenti e, infine, per un terzo gruppo i carboidrati sono stati completamente sostituiti con proteine. Dopo 6 e 12 settimane di trattamento, i topolini  dell’ultimo gruppo con la dieta priva di carboidrati in effetti dimagrivano velocemente ma,  allo stesso tempo, presentavano chiari e netti sintomi di aterosclerosi, repertabili con  esami del sangue e con mezzi diagnostici eco-radiologici.
Secondo gli autori della ricerca, un’alimentazione povera di carboidrati, pur determinando un dimagrimento con un calo  rapido e significativo del peso corporeo, ostacola sicuramente la regolare nuova   formazione di vasi sanguigni. In caso d’infarto cardiaco, quindi, ciò interferisce con i  meccanismi di recupero del corpo stesso, che sopperisce al limitato afflusso di sangue,  dove esso manca a causa dell’occlusione vascolare. Emerge, quindi, l’indicazione che una dieta moderata e bilanciata con la giusta presenza di carboidrati e abbinata a un esercizio regolare, è la migliore per molte persone.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Diete, non esageriamo con le proteine

Spesso, specialmente in primavera, si sente parlare di diete dimagranti miracolose dai nomi eccentrici, ma in effetti si tratta quasi sempre della stessa dieta, cioè l’iperproteica!
Proposte dagli americani, le iperproteiche (Atkins, Scarsdale, Zona, South Beach eccetera) non servono a mantenere il peso forma e, se seguite per lungo tempo, possono rivelarsi dannose. Infatti, in America si continua ad avere come problema nazionale l’obesità.  All’inizio si perde acqua e, quindi, anche peso. Però si induce all’acetonemia (o chetosi) a causa della carenza di carboidrati, con conseguente acidificazione del sangue. L’organismo stesso cerca di correggere la chetosi recuperando zuccheri per non danneggiare i tessuti, in particolare il rene. Il fabbisogno calcolato di proteine da assumere al giorno varia da 88 a 92 grammi per gli uomini e da 63 a 66 grammi per le donne, mentre con la dieta  iperproteica si può arrivare da 100 fino a 225 grammi di proteine al giorno e l’organismo, non essendo in grado di sopportare questo eccesso, sottopone il rene e il fegato a un superlavoro. È lo stesso principio applicato dai culturisti che vogliono perdere massa  grassa e “gonfiare” i muscoli, ma anche il cuore è un muscolo, infatti molti culturisti  finiscono per avere gravi problemi cardiaci. Che cosa fare allora? Ecco i suggerimenti: non più di 50-100 grammi di proteine al giorno; la giusta suddivisione delle calorie è: 15 per cento dalle proteine, il 55 per cento dai carboidrati e il 30 per cento dai grassi; bisogna introdurre almeno 100 grammi di carboidrati al giorno per prevenire la perdita di massa magra; evitare l’eccesso di grassi animali; la dieta deve essere completa e varia per evitare deficit di vitamine, sali minerali o microelementi.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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