01
apr

Il digiuno che disintossica l’anima

Il tempo di primavera corrisponde sempre alla santa Quaresima, ma mentre cristianamente si cerca di utilizzare questo periodo per digiuni e astinenze utili al corpo e all’anima, laicamente ci si sottopone a maratone alimentari stressanti, col solo scopo di guadagnare la linea, in vista dell’estate. Un conto è eseguire un digiuno anche rigido, tipo pane e acqua, un giorno alla settimana, il venerdì, un altro è digiunare per tanti giorni consecutivamente, solo per dimagrire, senza controllo medico.
Il digiuno mobilizza tutti i grassi, sia viscerali sia sottocutanei, e li trasforma in zuccheri che poi vengono bruciati e utilizzati come energia. Io consiglierei, a chi non è in grado di eseguire il digiuno spirituale: gravide, bambini, anziani, ammalati, di fare piccole e salutari rinunce, come ai dolci, che non sono essenziali tutti i giorni, oppure ai manicaretti particolarmente conditi e quindi troppo ricchi di grassi. La semplicità della tavola può essere un modo per ricordarsi di essere cristiani e in cambio se ne otterrà salute del corpo e dell’anima. Ma il digiuno disintossica? Se si esegue al modo cristiano sopradescritto, che ha un tempo ridotto, sostanzialmente si salta un pasto principale e si ottiene effettivamente un regime di compenso contro gli eccessi alimentari; il fegato gradisce e partecipa con piacere a questa azione di pulizia metabolica. Le diete digiuno/dimagranti se sono esasperate portano a stati di acetonemia, per la carenza di zuccheri che fa soffrire sia il cervello sia i muscoli che gradiscono miele, riso, pasta, pane, patate e legumi.
Il digiuno prolungato è sempre deleterio perché porta in sé un’azione negativa, cioè, si perde peso abbastanza rapidamente ma quando si smette la dieta si ingrassa altrettanto velocemente, anzi, talvolta di più di quanto si sia dimagrito.

Pubblicato il 01 aprile 2011 - Commenti (0)
01
apr

Olio extravergine più difficile taroccarlo

Dal 1˚ aprile sarà molto più difficile (ma non impossibile!) taroccare l’olio extravergine di oliva, grazie all’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo 61/2011 che introduce nuovi parametri chimici che ci permetteranno di scoprire se quell’olio è stato ottenuto da olive di scarsa qualità. L’elemento che aiuterà i consumatori nella scelta del migliore olio extravergine è la concentrazione degli alchil-esteri (etil e metil esteri da acidi grassi). L’Europa ha fissato delle soglie massime di queste sostanze, al di sopra delle quali un olio non potrà più essere etichettato come extravergine, e chi lo farà sarà denunciato per frode in commercio.
Un vero olio extravergine non dovrà superare il limite di 75 milligrammi per chilo della somma di esteri etilici e metilici. Se questa somma però è compresa tra 75 e 150 milligrammi, allora scatta un secondo parametro con cui si potrà definire come extravergine
quell’olio: si tratta del rapporto tra esteri etilici e metilici, purché questi non superino i 150 milligrammi. Si poteva essere più rigorosi e utilizzare solo la prima misurazione come valore massimo, perché in effetti un grande olio extravergine di oliva è tale se non supera i 30 milligrammi.
Come è stato possibile fino a oggi taroccare un cattivo olio d’oliva e farlo diventare un buon extravergine? I furbi ricorrono alla deodorazione di olive di scarsa qualità e con un’alta acidità, che emanano odori cattivi. Con questa tecnica si superano i panel-test. Grazie alle nuove norme, i ricercatori possono scoprire l’inganno. Purtroppo, però, l’olio che è stato imbottigliato prima del 1˚ aprile, potrà essere venduto fino a esaurimento delle scorte!

Pubblicato il 01 aprile 2011 - Commenti (0)

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Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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