01
apr

Olio extravergine più difficile taroccarlo

Dal 1˚ aprile sarà molto più difficile (ma non impossibile!) taroccare l’olio extravergine di oliva, grazie all’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo 61/2011 che introduce nuovi parametri chimici che ci permetteranno di scoprire se quell’olio è stato ottenuto da olive di scarsa qualità. L’elemento che aiuterà i consumatori nella scelta del migliore olio extravergine è la concentrazione degli alchil-esteri (etil e metil esteri da acidi grassi). L’Europa ha fissato delle soglie massime di queste sostanze, al di sopra delle quali un olio non potrà più essere etichettato come extravergine, e chi lo farà sarà denunciato per frode in commercio.
Un vero olio extravergine non dovrà superare il limite di 75 milligrammi per chilo della somma di esteri etilici e metilici. Se questa somma però è compresa tra 75 e 150 milligrammi, allora scatta un secondo parametro con cui si potrà definire come extravergine
quell’olio: si tratta del rapporto tra esteri etilici e metilici, purché questi non superino i 150 milligrammi. Si poteva essere più rigorosi e utilizzare solo la prima misurazione come valore massimo, perché in effetti un grande olio extravergine di oliva è tale se non supera i 30 milligrammi.
Come è stato possibile fino a oggi taroccare un cattivo olio d’oliva e farlo diventare un buon extravergine? I furbi ricorrono alla deodorazione di olive di scarsa qualità e con un’alta acidità, che emanano odori cattivi. Con questa tecnica si superano i panel-test. Grazie alle nuove norme, i ricercatori possono scoprire l’inganno. Purtroppo, però, l’olio che è stato imbottigliato prima del 1˚ aprile, potrà essere venduto fino a esaurimento delle scorte!

Pubblicato il 01 aprile 2011 - Commenti (0)
03
gen

La carne fa male? Solo se fritta

In molte religioni alcuni cibi e bevande sono vietati, a noi cristiani Gesù Cristo ha tolto i  divieti sostenendo che: «…non c’è nulla fuori dall’uomo che, entrando in lui possa  contaminarlo, sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo» (Mc 7,15-16).
Non esistono infatti alimenti che, da soli, possano fare bene o male. Gli alimenti del  territorio e di stagione sono da preferire perché non subiscono molti trattamenti chimici necessari per la loro conservazione. Per la cottura è determinante l’uso dei grassi, specie se gli alimenti sono sottoposti a frittura che portano i grassi ad alta temperatura,  alterando o distruggendo le qualità nutritive di quel cibo e provocando, inoltre, prima disturbi digestivi e poi cardiocircolatori. Ad esempio, le verdure crude conservano intatto
il loro patrimonio di vitamine, fritte le perdono. Inoltre, la farina o la pastella necessarie  alla frittura si imbibiscono di grassi dannosi perché portati ad alta temperatura così  l’alimento da buono diventa nocivo. L’olio extravergine sulle verdure crude, invece,  favorisce l’assorbimento dei loro antiossidanti. Fra i cibi che hanno nomea di far male c’è, erroneamente, la carne, specie quella rossa, ma pochi si ricordano che questa è spesso servita fritta, come la milanese con le patatine fritte. Non è l’alimento che fa male ma  spesso sono le cattive compagnie che frequenta, cioè i condimenti grassi.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)

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Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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