19/01/2012
Ma allora perché, nei rapporti familiari, tutti vogliono cambiare (a proprio favore, naturalmente) e poi di fatto niente cambia, o se cambia qualcosa è proprio il cambiamento che non vorrebbe? Per rispondere a questo quesito abbiamo bisogno di due strumenti: la resistenza al cambiamento e la distinzione fra cambiamento “uno” e cambiamento “due”.
La resistenza al cambiamento è in funzione dell’omeostasi del sistema, dicevamo, in quanto tende a conservare ciò che vorrebbe cambiare. A qual fine, ci chiediamo dal punto di vista relazionale sistemico? Un sistema umano, in particolare quel sistema così coeso e intimo che è il sistema familiare, resiste al cambiamento fino a che c’è spazio di manovra, tende a contrastare sommovimenti incauti e frettolosi, in base all’emozione del momento, a una vista corta, a desideri contrastanti e opposti; il sistema cioè si conserva per il bene del sistema stesso. E questo ci riempie di meraviglia: quanti di noi possono testimoniare quanto sia stato un felice caso che non si sia verificato quel tal cambiamento. E, dunque, dovremo guardare perlomeno con rispetto alle forze che impediscono il cambiamento tanto auspicato sulla base di urgenze frettolose e non ponderate in tutte le loro variabili.