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Maturi, ma in che senso?
Quasi mezzo milione di diciannovenni in questi giorni affrontano gli esami che concludono la scuola superiore. Prima le tre prove scritte, poi le interrogazioni orali. Ogni anno c’è chi si interroga sul senso di questo appuntamento : rito ormai vuoto? prova iniziatica? necessaria valutazione di conoscenze/competenze/abilità acquisite in anni di scuola?
Molti esperti concordano sul fatto che questi esami sono rimasti l’unica prova di iniziazione all’età adulta, un rito sociale che attesta la fine dell’adolescenza e il passaggio alla condizione di giovani adulti. Ci si può chiedere di che genere sia la maturità che la società, tramite la scuola può attestare.
Far coincidere l’essere persone mature con la verifica dei livelli di conoscenza o con alcune capacità di riflessione scolastica è certamente riduttivo. In questo senso, la prova che maggiormente potrebbe attestare la presenza di un giudizio maturo è la prima prova scritta, quella d’italiano. Ma essere maturo non implica solo sapere riflettere, ma anche saper scegliere e operare di conseguenza. In questo senso, meglio sarebbe considerare come segno di maturità il modo in cui i ragazzi si preparano all’esame: la tenuta, la capacità di sopportare la fatica dello studio, di tollerare le frustrazioni connesse ad un cospicuo impegno mentale, senza cercare scorciatoie…
Anche così però si vede la limitatezza del giudizio: non si può infatti lasciare alla sola scuola un compito così importante. Occorre che la famiglia faccia la sua parte. Come per la scelta orientativa a 13-14 anni, questa è una buona occasione per i genitori per fare il punto della situazione. Nell’avvio dell’adolescenza, si erano posti la domanda: «Chi è questo nostro figlio che sta cambiando?». Ora possono interrogarsi sulle capacità di scelta del proprio ragazzo o della propria ragazza.
Penso allora che l’esame di maturità possa essere una buona opportunità per valutare gli elementi di maturità dei ragazzi insieme a loro, soprattutto in questa epoca in cui la possibilità dei giovani di realizzare delle scelte appare così difficile. Non si può non riconoscere ai ragazzi stessi che l’accesso al lavoro, l’entrata nella vita attiva, con le conseguenti autonomie (prima fra tutte quella economica), è così drammaticamente incerto.
Tuttavia, i genitori possono utilizzare l’occasione dell’esame per riflettere sui figli in quanto soggetti in grado di guidare la propria vita. Di ottenere una patente che prevede una certa consapevolezza di sé, con le risorse ma anche con i limiti personali. Le proprie capacità di autocontrollo emotivo. L’impegno a migliorare le carenze di carattere. La capacità di argomentare sulle proprie scelte, valutandone i pro e i contro, che si esprime ad esempio nella decisione su che cosa fare dal prossimo settembre. Una capacità progettuale riguardo alla propria vita, che spinga lo sguardo oltre l’immediato futuro e incominci a darsi degli obiettivi da realizzare. L’autonomia, anche concreta, dalla famiglia: sapersi gestire in situazioni nuove, da soli, senza perdersi d’animo o appoggiarsi ad altri. Considerando così l’esame scolastico come il primo di una serie di ben altri esami che la vita proporrà.
Pubblicato il 27 giugno 2011 - Commenti (1)