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Quando imparare è difficile per un disturbo

In questi giorni compie un anno la legge n.170 sui disturbi specifici dell’apprendimento. Cioè quelle difficoltà che affliggono molte persone (una percentuale tra il 2,5 e il 3,5 della popolazione, secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità) le quali, pur avendo una normale intelligenza, non automatizzano alcuni processi neuropsicologici alla base del leggere, scrivere e far di conto. Per loro la lettura e la comprensione di ciò che si legge, oppure la corretta scrittura secondo le norme dell’ortografia, o l’acquisizione della matematica diventano compiti faticosi e spesso frustranti per gli scarsi risultati, malgrado l’impegno profuso.

La condizione di queste persone, se non riconosciuta, ha spesso importanti conseguenze sulla stima di sé, sulla preoccupazione di essere poco intelligenti o di essere fatalmente votati all’insuccesso scolastico. Chi è dislessico, disgrafico, disortografico o discalculico porta con sé, ben oltre la scuola, la percezione di un limite che, quando non viene opportunamente affrontato, si può trasformare in senso di colpa. E’ facile che un bambino o un ragazzo che va male a scuola venga accusato di essere indolente, poco impegnato, senza comprendere la reale natura delle sue difficoltà, e si porti dietro anche da adulto lo stigma : quello, come si diceva una volta, di essere “un asino”.

La legge 170 ci fa passare da un’epoca in cui l’intervento degli insegnanti era frutto di benevolenza ad un’altra in cui la loro mancanza può diventare illegalità. In cui la scuola che non segnala ai genitori le difficoltà dei bambini manca ad un obbligo fondamentale e sancito dalla legge. In cui i genitori, gli specialisti, i docenti hanno precisi doveri (ulteriormente precisati per la scuola dalle Linee guida emanate nello scorso luglio dal Ministero dell’Istruzione).

Questo discorso sembra, a prima vista, riguardare soprattutto i bambini della scuola primaria. Eppure sempre più spesso, nella pratica clinica, mi capita di incontrare ragazzi di scuola superiore la cui dislessia o discalculia non è stata riconosciuta in precedenza. Spesso per incuria o incompetenza della scuola. O perché i genitori hanno scelto di non accogliere le preoccupate segnalazioni degli insegnanti, per paura o per superficiale noncuranza.

Il prezzo è alto: adolescenti demotivati per lo studio, che fuggono dagli impegni scolastici e non ne tollerano le frustrazioni. Ragazzi inclini a sottovalutare le loro capacità, che compiono scelte orientative sbagliate. Ragazzi oppositivi, verso la scuola e la famiglia, perché le sentono alleate nell’imporre loro un cammino troppo faticoso. Ragazzi che rischiano di entrare con strumenti inefficaci in un mondo che richiede una preparazione intellettuale sempre più ricca, per affrontare la complessità della vita lavorativa e sociale.

Gli insegnanti e la famiglia devono affinare l’attenzione verso queste difficoltà, attraverso l’accertamento precoce, intervenendo con gli strumenti più efficaci per sostenere l’apprendimento. E anche tenendo in considerazione coloro che, più grandi, potrebbero essere portatori di questi disturbi: ancora oggi gli esperti ci ricordano che i ragazzi con diagnosi di dislessia presenti nelle scuole sono solo una parte delle persone affette da questo disturbo.

La diagnosi di queste situazioni richiede specialisti competenti: purtroppo le strutture pubbliche di servizi per l’età evolutiva, spesso oberate da richieste (non solo per i disturbi dell’apprendimento) e in sofferenza per carenze di personale, non sempre sono in grado di rispondere alla crescente  domanda di diagnosi. Occorre un affiancamento tra il pubblico e il privato che, con il medesimo rigore diagnostico (formalizzato da documenti importanti, tra cui una Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità del dicembre 2010), possano offrire un adeguato supporto ai ragazzi e ai genitori. Le varie regioni stanno regolando questa materia, con tempi e modi differenti. Il web offre anche ai genitori costanti riferimenti in merito. In particolare, mi sembra utile segnalare il sito dell’Associazione Italiana Dislessia (www.aiditalia.org), sempre aggiornato sulle novità e le iniziative in merito ai disturbi specifici dell’apprendimento su tutto il territorio nazionale e nelle diverse sezioni diffuse sul territorio.   

Pubblicato il 14 ottobre 2011 - Commenti (0)

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Autore del blog

Mio figlio l'adolescente

Fabrizio Fantoni

Fabrizio Fantoni, 55 anni, sposato, tre figli. Psicologo psicoterapeuta, esperto di adolescenti.

 

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