21/04/2010
Don Fortunato Di Noto
«Spero che la Chiesa si impegni
pastoralmente contro la pedofilia
». Don Fortunato Di Noto
lo scriveva già nel 1996 in una lettera
aperta sul Corriere della Sera. Oltre a
piegarsi sulle sofferenze per le vittime,
il prete, allora, era tra i pochissimi ad
aver intuito le conseguenze deflagranti
che un’accusa di pedofilia rivolta a un
consacrato avrebbe potuto causare.
Non a caso sarà proprio lui, il prossimo
giugno, a volare in Irlanda, invitato
dalla Conferenza episcopale di quel
Paese sconvolta dallo scandalo-abusi,
per portare la sua esperienza di sacerdote
che da vent’anni combatte la pedofilia
e la pedopornografia on-line.
«Il documento del Papa è una novità
assoluta e inaugura un nuovo fronte pastorale:
quello contro la pedofilia»: è il
primo commento di don Di Noto, fondatore
dell’Associazione Meter, alla lettera
pastorale di Benedetto XVI ai cattolici
d’Irlanda, uscita nei giorni scorsi dopo
i gravissimi episodi di abusi emersi
tra il clero irlandese. «Il Papa è chiarissimo,
nessuno ha scuse di sorta: chi si
macchia di questi atti non deve sottrarsi
alla giustizia di Dio, né a quella dei tribunali.
Da qui non si torna indietro».
Vede un atteggiamento diverso delle
gerarchie ecclesiali nei confronti di
questo fenomeno?
«Oggi non c’è più una conferenza episcopale
anglofona che non si sia attivata
contro la pedofilia, aprendo un centro
e un programma di protezione per
le vittime».
Dopo i casi in Irlanda, Germania e
Austria, può scoppiare in Europa un
“ciclone pedofilia” come quello di dieci
anni fa negli Usa?
«Gli atti di cui si sono macchiati molti
sacerdoti e le coperture date loro da alcuni
vescovi sono fatti gravissimi. Mi
pare, però, che qualcuno abbia strumentalizzato
queste vicende per colpire
la Chiesa cattolica».
Che ne pensa della via del risarcimento
economico intrapreso dalla
Chiesa americana?
«Che si potrebbe prevedere anche in
Italia, come Chiesa, un sostegno economico
e psicologico alla famiglia dell’abusato.
Ma non si usa nei confronti dello Stato lo stesso zelo per sottolineare
le omissioni della Cei».
A cosa allude?
«Quand’è che anche il Senato, dopo il
voto all’unanimità della Camera, approverà
la convenzione di Lanzarote, che
prevede pene più severe, un fondo per
le vittime e tempi più lunghi per la prescrizione
dei reati di pedofilia?».
Da dove dovrebbe partire la prevenzione
del fenomeno dentro
la Chiesa?
«Dai seminari. La selezione
va curata di più. Meglio
avere meno preti, ma che
siano preti. E poi, in una società
fortemente erotizzata
come la nostra, il seminario
deve educare con serenità
agli affetti».
C’entra qualcosa il celibato
con la tendenza alla pedofilia?
«È una perfetta fola laicista, grettamente
anticlericale: se facciamo le proporzioni,
gli abusi sessuali sui minori
vengono perpetrati molto di più da chi
celibe non è. Il vincolo celibatario non
c’entra per nulla».
Riduzione allo stato laicale dei sacerdoti
pedofili. Concorda con la linea
dell’assoluta severità?
«Già il Concilio di Elvira, nel IV secolo,
prevedeva l’espulsione dalla comunità
ecclesiale di chi si macchiava di questi
reati. Se un sacerdote commette questo
gravissimo peccato, accertato in via
definitiva, non può più fare il prete. D’altra
parte, anche la legge va in questo
senso: un padre che abusa di un figlio
perde la patria potestà».
Un sacerdote che si macchia
di pedofilia dev'essere ridotto allo
stato laicale?
«È inevitabile».
Un personaggio autorevole
come monsignor
Charles J. Scicluna, “promotore
di giustizia” alla
Congregazione per la dottrina
della fede, ha affermato
che «una certa cultura
del silenzio è ancora
troppo diffusa nella Penisola». Che ne pensa?
«Dico solo che se noi staremo nel silenzio,
grideranno soltanto le vittime. E
se non grideranno ora, lo faranno dopo.
Ma aggiungo anche: se non ascolteremo
il grido degli innocenti, come Chiesa,
sarà Dio ad ascoltarli e sarà lui a intervenire».
Ma c’è ancora omertà?
«A volte non si sa gestire il problema.
Ho ricevuto più volte telefonate di vescovi
che mi chiedevano consigli.
Quando arriva una segnalazione, o si
presenta la famiglia di un abusato, il vescovo
deve mettersi in ascolto, deve fare
il padre, senza scandalizzarsi; e deve
attivare anzitutto ogni forma di protezione
della vittima. E saggezza vuole
che si sospendano dalle funzioni ministeriali
e pastorali i sacerdoti coinvolti».
Lei ha conosciuto più di un sacerdote
abusante. Cosa ha consigliato loro?
«Di autodenunciarsi subito».
Ha l’impressione che i silenzi usati
dalla Chiesa in passato abbiano compromesso
le indagini sui fatti?
«Sì, in alcuni casi».
Ma al contempo Meter è conosciuta
come uno dei movimenti più impegnati
in Europa contro la pedofilia e
in 20 anni ha denunciato qualcosa come
200 mila siti pedopornografici...
«Quando cominciai ero un sacerdote
solo. L’anno scorso, quando abbiamo organizzato
la XIV Giornata dei bambini
vittime della violenza, abbiamo ricevuto
l’adesione di 40 diocesi e lo stesso Benedetto
XVI ci ha ricordati il 3 maggio
al Regina Caeli in piazza San Pietro».
L’ultimo segnale di speranza in questa
battaglia?
«Lo scioglimento del partito pedofilo
olandese. Ora attendiamo che il nostro
Parlamento approvi le norme contro
l’apologia di pedofilia».
Alberto Laggia
Dossier a cura di Pino Pignatta