La pedofilia è crimine e la Chiesa non tace

21/04/2010

Davvero non ci sono parole che possano esprimere lo sdegno e lo stupore per lo scandalo della pedofilia e degli abusi sessuali su minori da parte di persone consacrate; crimine tanto più odioso perché opera di persone che dovrebbero essere i naturali protettori dei piccoli e perpetrato su persone che non si possono difendere adeguatamente. Il fenomeno è esploso anni fa in America dove è stato anche strumentalizzato in chiave di rivendicazioni economiche. Ma i casi, purtroppo, si sono verificati un po’ dovunque nella Chiesa. Ultimamente se ne è parlato in rapporto a Irlanda e Germania, come riferisce la recente cronaca. E il Papa, ancora una volta, oltre che esprimere la sua fortissima preoccupazione, ha avuto chiare e forti parole di condanna. Anche se statisticamente non sembra che la categoria “preti” sia più colpevole di altre nei riguardi di questo crimine, la condanna della Chiesa e di ogni persona dotata di ragione deve essere chiara e forte.

Non si può fare silenzio o nascondere, come, a volte, è successo per il passato: oltre al danno arrecato alle vittime c’è il rischio di diventare complici di comportamenti criminosi, senza contare che, in tal modo, non si dà alcun sostegno né alla vittima, che porterà per tutta la vita le conseguenze dell’offesa ricevuta, né al “carnefice” che, in tal modo, potrebbe almeno rendersi consapevole della gravità delle sue azioni.

Da qualche anno si invoca la tolleranza zero. E questo vuol dire: non nascondere, essere fermi nella denuncia, mettere i soggetti inclini a tali crimini nella condizione di non più nuocere e, ancora più a monte, fare di tutto perché simili soggetti non arrivino all’ordinazione o alla professione religiosa. A tal proposito va ricordato che spesso (taluni dicono: sempre) chi abusa è stato a sua volta abusato; e questa dovrebbe essere una ragione in più per verificare una eventuale vocazione anche alla luce della storia individuale e familiare del soggetto. Né andrebbe sottovalutato il ruolo dei formatori. Qualche tratto deviante nella loro personalità potrebbe incidere negativamente sulla piena maturità del futuro presbitero o religioso.

Tolleranza zero non può voler dire colpevolizzare un’intera categoria (i preti lo sanno bene!) o far diventare condanna certa quello che è un sospetto o una semplice denuncia. Molti casi denunciati si sono dimostrati infondati: e non sono mancati i casi in cui la riconosciuta innocenza è arrivata tardi, magari quando l’interessato era già morto per il dispiacere dovuto all’accusa. Accanto al diritto della vittima ad avere la giusta sentenza e la riparazione (mai del tutto adeguata, purtroppo!) per il danno ricevuto, si dovranno, però, anche garantire i diritti inalienabili di ogni uomo a difendersi. Né condanne mediatiche né condanne sommarie. Sia in sede civile, sia di fronte all’autorità ecclesiastica. E se è vero, come gli esperti sostengono, che, a prescindere dalla loro responsabilità umana e morale, gli autori della pedofilia o degli abusi sessuali sono affetti da una malattia, bisognerà provvedere alla loro cura in adeguate strutture. Cosa difficile, non impossibile, sicuramente doverosa verso dei fratelli che hanno bisogno di aiuto.

                                                                                        Giuseppe Pernigotti

Dossier a cura di Pino Pignatta
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