La denuncia del cappellano di Rebibbia

28/03/2013

La visita di papa Francesco al carcere minorile di Casal del Marmo riporta l’attenzione sul tema degli istituti di pena. E se quelli del circuito minorile, grazie anche ai pochi numeri, riescono a far fronte alla situazione prevedendo percorsi di recupero e reinserimento, si fa, invece, sempre più disagevole la situazione per gli adulti. Sovraffollamento,  mancanza di risorse, strutture obsolete aggiungono una oggettiva “pena accessoria” ai detenuti. In tutto 65 mila, circa 23 mila in più della capienza degli istituti di pena, i detenuti devono spesso affrontare situazioni di vita che, è la denuncia del cappellano di Rebibbia don Sandro Spirano, “tutto fanno tranne che ridare dignità e speranze alle persone”. Non è un caso se, negli ultimi dieci anni, nelle carceri italiane si sono registrati oltre 700 suicidi. Nella prima decade di aprile, partendo dall’istituto di Carinola, in Campania, sarà avviato il progetto “Circuiti regionali” pensato dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap). L’idea è quella di sradicare il meno possibile i detenuti dal loro territorio consentendo a chi ha famiglia o parenti di facilitare le comunicazioni e gli incontri e, nel contempo, di “aprire” un po’ gli istituti in modo da favorire il contatto con l’esterno in vista di un migliore reinserimento.  L’iniziativa del Dap, che era stata avviata in via sperimentale a Bollate, Civitavecchia, Torino e Porto Azzurro “hanno dato”, spiega il direttore del Dap, Tamburino, “risultati interessanti. Rendere meno ingabbiata la vita dei reclusi ha un effetto positivo”.

Quanto serva avviare progetti integrati con il territorio, che non isolino i detenuti, lo sanno molto bene anche gli istituti per minori. Quello di Casal del Marmo, in particolare, che ospita 46 ragazzi (di cui 11 ragazze) si avvale del sostegno di Borgo Amigò, un’associazione realizzata dal cappellano padre Gaetano Greco. Il Borgo fa da ponte tra l’azione all’interno del carcere minorile e l’accompagnamento dei ragazzi fuori dalle sbarre. Molti di loro sono stranieri, in particolare rumeni e magrebini. Le religioni più presenti sono quella musulmana e ortodossa. In realtà, spiega ancora padre Gaetano, i minori stranieri lo sono solo all’anagrafe essendo nati e vissuti nel nostro Paese”. Ma la mancanza della cittadinanza italiana e il vivere la cosiddetta “doppia appartenenza" culturale - è l’esperienza degli educatori -  acuisce le problematiche tipicamente adolescenziali legate alla costruzione dell’identità ed è un ulteriore ostacolo all’uscita dai percorsi delinquenziali.

                                                                                                            Annachiara Valle

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